sabato 31 gennaio 2009

Posso tirarmela?


(Si, quella sopra sarei io. Non nel mio stato solito, ma per una volta sono io). Oltre mia suocera e il paio di amici che lo sapevano me l'ero tenuta per me l'intervista fatta per Living sul tema Mamma italiana (di un originaleeee!)

A parte che parlando con la giornalista l'ho convinta ad inserire anche dei mammi. E basta con la mamma-nonna vestita di nero tipo pubblicità Bertolli e che cavolo. Mi ha dato retta, più che altro perché era agosto e trovale tu le mamme italiane in Olanda ad agosto, che stanno tutte, beate loro, al paesello. Cioè, io all'inizio le avevo proposo le altre mamme italiche che conosco, tipo Dani, Silvia, Anna, ma voleva varietà.

E così le ho appioppato Dimitri come il mammo con moglie in carriera, e Sebastiano, scapolo, senza figli e omosessuale ma la mamma più mamma che conosca. Per dire che quel paio di volte che mi ha guardato i figli (una volta ero disperata, uscivamo io e il capo alle 5 del mattino, Ennio doveva andare a scuola e Orso stava male e bisognava che stesse a casa, trovala la baysitter a quell'ora) si sono totalmente assuefatti alle sue polpette e per un paio di anni se nominavo la parola polpette la risposta era, "Si , vojjo 'pette di ' Tiano).

Che poi nonostante la pioggia infame, la mattina della fotosession ci siamo divertiti da matti. Con visagista, stilista, fotografa, assistente che ci rivoltavano, a provarci vestiti che io e Seba siamo fuoritaglia per definizione, a tenere Olaf che è stato buonissimo mentre gli fotografavano il padre fighetto.

Poi tanto le foto: Seba è fotogenico da fare schifo, comunque lo fai, e manco stavolta si è smentito. Dimitri pure. Con me hanno fatto più fatica e grazie agli sforzi congiunti è venuta una bellissima foto, solo che non mi riconosco per niente. E appena usciti e dispersi per le nostre cose, sono immediatamente andata a farmi le foto del passaporto, con quel trucco bellissimo appena appena rinfrescato dalla pioggia battente.

Poi è arrivata Maria Cristina con Blogolanda e mi hanno fatto la sorpresa. Con lo scan del Living di dicembre, dedicato all'Italia. Il solito numero obbligato sull'italia, che tutte queste riviste patinate una volta l'anno almeno lo tiran fuori, e sempre fatto alla cavolo. Che non mi pagano mai per fargli l'editing finale e allora ciccia.

Però stavolta hanno avuto il buon gusto di mettermici in una foto bellissima ma non sono io, ma va benissimo lo stesso (mi fa ancora strano guardarla quella foto), e allora ho deciso di fare la fanatica pure io, tjè.

Ma che freedddddooooooo!

È da una settimana che gelicchia. L'inverno e il disgelo vogliono darsi evidentemente un'altra opportunità. E il sole splende bellissimo, le giornate si allungano, il capo si fa i weekend insonni a fare le tasse, mentre io uscita dalla vacanza della convalescenza mi ritrovo a darmi una mossa.

Insomma, oggi ho deciso che costi quello che costi andavo al mercato dietro casa con i bambini, a respirare un po' d'aria e staccarli dai filmini su youtube. E gli ho proposto di andarci a bici separate, ognuno la sua (meno male che all'ultimo momento mi sono caricata Orso sulla mia).

Ci facciamo il giro del mercato, compriamo dele sardinette da friggere, una porzione di bocconcini di merluzzo con la maionese da mangiarci sulla panchina, una felpa nera con le fiamme rosse per Orso a € 3, la verdura, ma già dal pesce alla verdura Orso piangeva, si impuntava, reclamava i cornetti con cui l'ho convinto ad uscire. E camminavo troppo veloce, e camminavo troppo piano, non ne andava bene una e non si capiva manco la necesità del momento.

Dal verduraio abbiamo preso un paio d'etti di piselli in baccello e mentre Ennio raccontava quanto gli piacessero orso piangeva dal freddo.

"Se piangi ti si congelano le lacrime", gli fa il verduraio simpatico.

"Adesso andiamo dal panettiere, prendiamo i cornetti e andiamo a casa a farci una bella cioccolata calda con papà".
"Voglio andare a casaaaa! Poi esci tu a prenderli i cornettiiii!"
"Ma no, siamo di strada".

Macché. Noi non avevamo i guanti (bravi furbi), Ennio a un certo punto è sceso dalla bici e piangeva per il freddo, io reggevo sotto un'ascella la mia bici con Orso sul seggiolino dietro e la sporta appesa al manubrio, con un ginocchio la bici di Ennio che infatti è caduta e con le mani gli tenevo una manica mentre ci alitavo dentro per scongelargli le mani.
"Tieni l'altra mano in tasca che ti scaldo dopo anche quella".

Gli tiro giù le maniche della felpa, gli chiedo se vuole lasciare la bici e legarla al palo e scappare in fretta a casa. No, eroicamente spinge la bici (vado troppo veloce, vado troppo piano), poi ci sale sopra e gli dò una spinta, poi barcollando pedala sul dosso del ponte mentre una postina in bici dietro di lui rallenta e si adegua al suo passo.

Poi giriamo ala via del fornaio e tutti e due piangono, ma Ennio mi pedala bravamente dietro, solo che non c'è pista ciclabile e lo scarso traffico stressa tutti e due. Orso piange anche lui ma stavolta lo ignoro. arriviamo se diovuole dal fornaio e non vogliono entrare. Li caccio dentro, gli prendo una bibita, faccio la spesa e cedo su delle caramelle durissime, che poi a casa si scopre hanno il cuore di gomma da masticare (cazziatone del capo).

Ci scaldiamo, riusciamo, arriviamo a casa con Ennio che un paio di volte si spaventa ad attraversare una strada quasi deserta perché arriva una macchina a distanza e torna indietro.

Appena entrti basta lacrime, tutti felici, poi arriva la grande amica di Orso, Charlotte, con genitori e fratellino, beviamo il te con i cornetti e il baklava, e andiamo a farci un giro nel bosco. Ennio si defila e nessuno dei tre piccoli si è accorto che non c'era.

Io carico i due dell'apocalisse nella bici portaprole, li avvolgo nella copertona imbottita da pic nic (una genialata, un lato di plastica impermeabile, l'altro di stoffa imbottita) e ce ne andiamo nel boschetto, facciamo il giro del porticciolo, risaliamo sulla Nieuwendammerdijk, una diga idilliaca con le casette che i miei figli chiamano Italia, perché c'è la salita e la viuzza con le casettine, come a Ofena.

Poi facciamo una sosta al parchetto giochi e lì i poveri genitori si sono congelati le chiappe definitivamente, poi se diovuole siamo rientrati, loro hanno proseguito per casa e adesso sono in fase di rianimazione.

Un bel sabato igienico all'aria fresca, non c'è che dire.

Ma mi sa tanto che anche i genitori di Charlotte ce lo stanno facendo un pensierino a venire ad abitare qui. già un annetto fa sono venuti a vedere case tipo la nostra ma senza giardino. E se gli capita quella con il giardino è fatta. Speriamo.

Io domani però mi avvolgo direttamente nell'imbottia per andare a fare le prove.

venerdì 30 gennaio 2009

Astaroth su Facebook

Allora, io che a parte i blog sono poco telematica, su Facebook mi sono iscritta perché non avevo capito bene (poi ci ho preso gusto ma questo è un altro discorso) non sto su msn, non ho skype, vado a manovella insomma, ho avuto questa idea di creare un gruppo su Facebook.

Che sarebbe il gruppo degli amici di Astaroth, la fondazione che ho messo su con amici vari per fare e promuovere cultura italiana, che detto così dice poco e sembra anzi piuttosto pretenzioso, e lo è anche, ma funziona.

Funziona perché ci crediamo, perché ci buttiamo dentro tutto il tempo libero che abbiamo e anche quello che non abbiamo, perché c'è un sacco di gente entusiasta che ci aiuta. Tipo i vari tirapiedi. Persone che all'inizio manco conoscevamo, ma si offrivano di venire a montare, smontare, inchiodare appendere. Per dire, manco il contentino del'esibizione artistica, proprio la bassa manovalanza.

I tirapiedi sono i nostri amici preziosissimi, e non gli possiamo neanche offrire un biglietto gratis per il teatro. Perché abbiamo uno stabile, si, ma chiunque abbia mai messo mano a qualcosa in teatro sa che ci sono spese fisse che non si possono aggirare e quei pochi posti che ci sono vanno venduti tutti per coprire le spese.

Però, dico, abbiamo scoperto che in Olanda c'è un pubblico per il teatro in italiano. E dirò di più, non sono neanche tutti italiani (che, diciamo pure questa, ce ne sono di italiani che guadagnano anche bene e che trovano che pagare 9 euro per uno spettacolo fatto molto bene sia indecente, meglio sfrusciarseli in due birre in giro, che quello si che è un passatempo sano e costruttivo).

Capisco che non a tutti piaccia il teatro. Capisco che non a tutti possa piacere il tipo di teatro che facciamo noi, che com'è, come non è, sono tutti pezzi comici con il pungiglione che ti costringe a pensare. E i pungiglioni pungono, lo sa anche un bambino che ha voluto guardare l'ape troppo da vicino.

Però, dicevo, il pubblico affezionato c'è, e ci sono anche i tirapiedi, che gli regaliamo al massimo la maglietta, come divisa. Che spesso sono recidivi, cioè abbiamo tirapiedi che da anni, dio li benedica, ci stanno tra i piedi se appena possono. Ma sempre una maglietta sola gli tocca. E poi a un certo punto vengono promossi a Gran Ciambellone. Che forse un gioro, se ci avanza una lira e Polly ha un'idea geniale, facciamo anche la maglietta apposta.

E allora, mi dicevo, noi il nostro pubblico li conosciamo uno a uno personalmente. che c'è un sito, ma se non ci metteva mano santa Marina quest'anno, col cavolo che losi poteva aggiornare con quello che facciamo in radio, i corsi di italiano e olandese, la scuola per bambini il sabato, adesso anche il corso per corpo e voce con saggio, cioè Ululato il 12 giugno.

Che oltre al teatro, il festival di cinema italiano e la radio e altre cose facciamo gli Ululati. Che sono dei reading letterari a tema che sono molto belli per scoprire scrittori e testi che non conoscevi, che ognuno si sceglie il suo, o elaborazioni sul tema che uno manco ci pensava. e questo del 12 giugno è speciale, perché lo fanno tutto da sé i partecipanti al corso Corpo e voce.

Insomma, con la vita che ci insegue, che ne facciamo di cose ma sempre di corsa e sbranati dal tempo, certe volte si fa fatica a dire a tutti cosa stiamo facendo. ancghe perché in genere mandiamo parcamente delle newsletter, ma non vogliamo manco distrurbare, che poi adesso tutti i provider hanno messo un sistema anti spam, quindi non si possono mandare più dei mailing in giro, neanche a gente adulta e consenziente che ci ha dato apposta i suoi dati.

Ci siamo dovuti comprare il programmino fattapposta, che figurati se i grossi spammer professionisti non ne hanno uno 100.000 volte meglio.

E allora ho pensato a Facebook. E adesso stiamo pure lì. Così ci possiamo mettere le foto, i video, gli eventi, i link, le recensioni. Ce le possono mettere tutti. Che facebook ha questo di buono è adatto a gente pigra. Fa quasi tutto da solo.

giovedì 29 gennaio 2009

Dei benefici dell'influenza


*** premessa: questo è il post numero 500 e manco me n'ero accorta (ha ragione Ale a dire che io sono compulsiva nel blog) ***

Finalmente in questa casa si sta cambiando mentalità. Sabato è entrato, tramite la festa dello zio, un qualche virus. Lunedi opa era debole e nauseoso, è stato 4 ore a letto. Il capo, in preda mal di testa feroci, resta a casa. Entrambi sono della scuola che se proprio si va dal medico, e già non ci vanno mai, è per qualcosa tipo unghia incarnita o verruca.

Lunedì pomeriggio Orso rientra dal doposcuola noioso e lagnoso, rosso e caldissimo. Festeggiamo Ennio che fa sette anni, a Orso gliele dò tutte vinte, mangia pochissimo, piange per il cioccolato caldo da bere, mangia il bianco della torta ma non i lamponi (allora sta proprio male) e me lo porto nel lettone. Mi si addormenta in braccio e stronco anch'io.

Il giorno dopo io sto malissimo, lui è fresco come una rosa e torna a scuola e doposcuola. Il capo vacilla dorme fino alle 12 nel letto di Ennio. Orso rientra ancora più caldo, ancora più lagnoso, ancora più misero e con il mal d'orecchio. Le supposte e la scatola delle medicine non sono mai riemerse dalle scatole del trasloco, per fortuna la vicina le ha e ce le porta. Urla disperato"no no no, au au au" mentre io gli tengo un batuffolo di ovatta al succo di cipolla nell'orecchio e il capo lo supposta.

Si addormenta di botto, lo portiamo nel suo letto, alle 4 arriva, dice che ha sete, gli dico di arrangiarsi, rovescia in cucina un secchio, ci sale sopra e intanto che io mi trascino da lui ha già bevuto. Prende possesso del lettone e dorme fino alle 9. Io invece insonne, per una volta preparo Ennio per la scuola con calma e alla perfezione.

Mercoledì Orso resta a casa, tanto escono comunque alle 12 da scuola ed Ennio lo riporta la vicina. Io e il capo abbiamo passato la giornata a pisolare, prendercela con calma, fare tanti lavoretti e lavatrici, ma soprattutto prendercela con calma e cucinarci cose sane. Il capo ha giocato con Orso, io ci ho dormito dalle 10 alle 12 nel lettone.

Giovedi, Ennio di nuovo a scuola, noi a casa in convalescenza, anche se poi sto tutto il pomeriggio in giro a far cose e portare Ennio a scuola di musica. Stasera faccio il risotto con il sanissimo brodo da malati che ho fatto martedi e che tutti hanno rifiutato di bere come toccasana. Barbari.

Domani, secondo me, tutti di nuovo al ritmo normale, che è ora. E poi il weekend ce la riprendiamo calma.

Insomma, siamo sempre la solita famiglia in cui ci sfebbriamo a coccole e tisane e non prendiamo un paracetamolo manco con le cannonate, tranne in caso di mal d'orecchio. Siamo sempre quelli che un'intera giornata a poltrire a letto proprio non ce la facciamo.

Però che il capo abbia spostato almeno tre appuntamenti, io abbia rimandato una lezione e in generale abbiamo adattato i ritmi all'influenza, ecco, vuol dire che stiamo davvero cambiando testa da queste parti.

Meglio tardi che mai.

In tutto questo lazzaretto, sarà il potere taumatrgico dei regali di compleanno, ma Ennio è una roccia. Un esempio per tutti noi.

I've seen the liiiiight!

Adesso la mattina alle 8.00, quando gli gnorpoli escono di casa non è più buio pesto. Comincia ad esserci un pochino di luce.

Anche il mio umore sta migliorando, e per adesso forse non compro (per il settimo inverno consecutivo) la lampada a luce naturale. Comunque giovedi prossimo vado a vedere quella di Marta.

Le giornate buie invernali, pare, cominicano af far spazio alla primavera.

mercoledì 28 gennaio 2009

Torte di compleanno

Decisamente il bello di avere figli maschi è che non solo non te la chiedono, ma manco ti viene in mente di fargli una torta di compleanno del genere. E per fortuna non sono il tipo da sentirsi in colpa per non fare la torta con le proprie manine.

Comunque tanto di cappello a Nina, autrice di torta e foto, per un capolavoro del genere.

E diciamocelo, questo è il concetto tipico di torta olandese. Roba grassa ma poco dolce, purché altamente decorativa. Da me le spugnettine, i dolci che vedete come orlo della gonna, sono bandite. Preferisco dargli un tocco di cioccolato, che almeno ha anche un valore nutritivo.

I miei indirizzi per le torte sono: Bijenkorf, la catena di grandi magazzini, nel nostro caso sta sul Dam, per quando mi devo spicciare.

Van Linden, in Nieuwendijk, dietro il C&A, che è un corridoietto minuscolo specializzato in cose pannose: il miglior gelato alla panna di Amsterdam (gusto unico), cioccolatini, marzapane, crocchette al formaggio o al manzo e soprattutto dei trochetti che sono una meraviglia. Monoscelta, ma tutto ottimo.

Un altro indirizzo è il Landskroon, sul Singel, dietro lo Spui, torte, dolci, biscotti, cioccolatini e marzapane, un altro buchino con 4 tavoli 4, che in estate fa anche dei gelati buonissimi.

Un classico è Pompadour, torte, dolci e cioccolatini nelle 9 straatjes (mi pare sia la Runstraat, ma tanto quelle stradine lì di shopping bisogna farsele tutte) e poi anche pranzi buonini a botta di zuppe e panini preziosetti nella Kerkstraat angolo Spiegelstraat.

Infine, nello stile Barbie della foto, De tarte van mijn Tante in Ferdinand Bolsstraat, dietro la birreria Heineken. Le torte sono molto buone, infatti prima che aprissero il caffé in cui ordinarle a fette, avevano un laboratorio che vendeva solo torte intere, e io le ordinavo a ogni scusa di commensali numerosi. Ma la mia preferita resta lo zuccotto.

martedì 27 gennaio 2009

Di Camille Paglia e dello stupro

Allora, siete cresciute anche voi con le raccomandazioni, con il decalogo antistupro"?

Prima andava di moda l'approccio umanistico:
("grida al fuoco" e non "aiuto" che la gente reagisce prima, parla con e fai parlare il tuo aggressore e cerca di fargli capire che sei un essere umano).

Poi il gioco si è fatto duro e sono venuti pure di moda gli stupri di gruppo (Il branco è uno di quei film che non andrò mai a vedere) e le raccomandazioni vertevano di più sul:
devo restare viva, raccogliere tutti i dettagli che mi ricordo per farli trovare e denunciare.

Poi sono venuti i jeans e la sentenza cassazione e ti rendi conto che restare viva è un dettaglio, siamo o non siamo il paese di Maria Goretti? Quindi ti devi solo opporre e se questo significa innescare un meccanismo per cui ti fanno fuori, hai fatto solo il tuo dovere. e se non ti opponi abbastanza non sei vittima abbastanza.

Nel frattempo erano saltati fuori anche gli stupri di gruppo come crimine di guerra, che il conflitto dell'ex-Jugoslavia ce lo stiamo dimenticando, vero? ma c'è stato pure quello e manco tanto tempo fa.

Comunque, io non leggo una rivista femminile da un bel pezzo, ma magari ogni tanto salta di nuovo fuori l'argomento e il catalogo dei consigli utili. Ci manca solo la sezione: come rimuovere le macchie di sperma dai vestiti (che vorrebbe essere una battuta, ma nel frattempo è diventata una cazzata, tu non rimuovi niente, porti tutto subito a fare l'esame del DNA).

Insomma, l'argomento vende. Ricordo le assemblee al liceo e le discussioni sull modifica della legge, da delitto contro la morale a delitto contro la persona. Che sembra una cosa ovvia ma c'è sempre stato chi non capiva la sfumatura. Forse perché le donne non sono persone? Non lo sono abbastanza? Hanno un'anima o no? vall'a ssapé.

Ha ragione graz nei commenti al post di ieri, il problema è che sempre e tuttora esiste una mentalità per cui uno stupro non viene visto come una violenza, come un crimine, ma come un comportamento, magari poco educato, in cui ti sfugge la mano. Scusabile, causa di forza maggiore, eh, le circostanze, non volevo veramente ma com'è come non 'è mi ci sono trovato.

Questa è la mentalità che dobbiamo combttere, non le pochezze legislative. Uno stupratore deve diventare un paria, punto. Non deve trovare una donna che se ne innamori e se lo sposi, se sposato la moglie ndivorzia e il giudice non gli fa più vedere i figli, non deve continuare ad avere la sua solita vita sociale, in cui magari tutti sanno ma fanno finta di niente, il padrone di casa lo deve poter sfrattare che gli rovina il valore della proprietà, il suo barista deve rifiutare di servirlo. Insomma, com'è che i pedofili si e uno stupratore di maggiorenni no? Spiegatemela questa cosa.

Quando studiavo in Canada era un periodo di campagne molto forti. andava di moda lo slogan: no means no, perché il problema in questi campus era quello del date rape o aquaintance rape. Cioè, non il bruto appostato nell'angolo buio, ma il bravo ragazzo che frequenti a lezione, con cui esci per andare al cinema, che ti accompagna a casa da una festa, il fratello della tua amica.

Un'altra svolta epocale la diede il famoso processo Kennedy, che tutto quello che fanno i Kennedy in America conta su un grande interesse di pubblico, ma il merito di quel processo fu anche di dire che si, puoi conoscere uno che ti piace a una festa, si, ci puoi uscire in spiaggia a pomiciare, si, puoi anche arrivare a toglierti le calze, ma se a un certo punto gli dici chiaramente che non ci vuoi scopare o perché non è mai stata l'intenzione o perché hai cambiato idea, si torna dentro a bersi una camomillina e amici come prima.

Cosa che il Kennedy in questione aveva abbondantemente scelto di ignorare in nome degli ormoni che pulsano ("eeh, signora mia, tutta la famiglia era così, le corna che il papà ha messo a mammà con l'universo creato, si sa, buon sangue non mente) e la giuria gliel'ha ricordato, che non si fa. Fa molto che la vittima era dello stesso ambiete, twin set, collier di perle e i soldi per pagarsi i migliori avvocati e fargli il culo, ma io sono cinica, si sa.

In questo clima uscì un articolo di Camille Paglia, che wikipedia definisce scrittrice, critico sociale e femminista dissidente. Una che ha rotto con l'ortodossia liberale. che pur avendolo sostenuto e votato, ritiene che Bill Clinton si sarebbe dovuto dimettere dopo lo scandalo Levinsky che forse a quel punto l'11 settembre lo si poteva gestire con maggior credibilità.

Paglia disse chiaramente che il problema del date rape nasceva da una percezione ingenua della vita e della società da parte delle studentesse universitarie. Che le working class girls, che non vengono cresciute nel mito libertegalitefraternite stanno più attente a non farsi male. Che lo stupro è sempre esistito e che gli uomini etici sono sempre stati contrari, quindi non venite a fare il discorso eeh, m'ha provocato.

Però non ci scordiamo che il mondo è un posto ingiusto, che i ragazzi in età di college sono dei barattoli di concentrato di ormoni e a volte non ci puoi stare a ragionare dei massimi sistemi, che se sei convinta che il massimo dell'emancipazione è uscire il venerdi sera e sbronzarti come uno scaricatore di porto fino a perdere i sensi, può essere che ti addormenti nel letto sbagliato o che ti accompagni a casa il tipo sbagliato, magari non propriamente sobrio e astemio anche lui.

Che puoi essere convinta a tal punto della parità dei sessi e del tuo diritto a dire di no e ripensarci in qualsiasi momento, ma che se accetti di metterti nuda sotto le lenzuola con un maschio con gli ormoni a spasso, rischi che costui non ci senta bene quando gli dici che ci hai ripensato.

E che siamo d'accordo che uno così è a tutti gli effetti uno stupratore e va condannato, però nel frattempo quella che si fa male sei tu, ed allora non guasta se sei tu in primo luogo a valutare quali sono potenziali situazioni pericolose e decidere se il tuo gioco dell'emancipazione ad oltranza vale la candela. che è vero, hai tutti i diritti, il mondo è tuo e fai quello che ti pare, ma sii consapevole dei pericoli.

Il per esempio della Paglia era: se tu a New York parcheggi la macchina lasciandola aperta e con il computer e il portafoglio ben in vista sul sedile per andarti a comprare il caffé, e te lo rubano, è chiaro che la legge dà ragione a te e se lo becca il ladro lo condanna per furto, è chiaro che tu vai dalla polizia a sporgere denuncia e loro ti danno retta, ma nessuno sano di mente può impedirsi di pensare, se non di dirti in faccia: pezzo di deficente, ma cosa ti credevi?

Ecco, alla Paglia hanno dato addosso in un modo. Che dava la colpa alle vittime e assolveva gli strupratori. contemporaneamente però genitori e insegnanti le scrivevano per ringraziarla per aver detto lei, da femminista, una cosa del genere, che quando lo dicevano loro alle figlie per metterle in guardia, non risultavano credibili.

Uguale. Se non che, appunto, in caso di sturpo per ora l'accento è sul blaming the victim, dare la colpa ala vitima perché poteva stare a casa, poteva mettersi il burqa e non la minigonna, non doveva dare l'azzico e l'occasione fa l'uomo ladro.

Io trovo già un gran progresso, lo dico senza ironia, che almeno adesso non ti danno addosso se sporgi denuncia, ti mandano da un medico, cercano di farti parlare con una donna, al processo si cerca di comportarsi con civiltà nei confronti della vittima, si riconosce che la povera abbia diritto ad essere come minimo traumatizzata.

Ora cerchiamo di finire il passo e cominciamo invece a smettere di scusare o giustificare l'aggressore, mandarlo agli arresti domiciliari e fargli le coccole. Sei un paria, lo sarai sempre e il prossimo farebe meglio a valutare se gli conviene rovinarsi la vita per non aver tenuto a bada l'ormone ballerino.

Non dico di linciarli, castrarli chimicamente o meno o mandarli a morte. Ma mazzolarli simbolicamente, sarebbe mica ora?

E nel frattempo continuiamo ad evolverci noi donne, fare carriera, prenderci la nostra vita in mano, vestirci e parlare come ci pare, e a scanso di equivoci, lo spray al peperoncino nella borsetta.

lunedì 26 gennaio 2009

7 anni

No, dico, ha già sette anni, non solo, ma è così splendidamente giudizioso da un po'. E da quando gli ho messo il divanone letto in camera dorme benissimo e non va più nei letti altrui la notte. Forse era proprio scomodo quel letto provvisorio.

Amore, ma quando sono passati questi sette anni? E io dov'ero, che non me ne sono quasi accorta, mi sembra ieri che mi hanno messo uno gnocco viscido sulla pancia con il cordone che ancora pulsava, e io ero rincoglionita da quanto mi sembravi bello e non riuscivo a dire niente e l'ostetrica ha detto:
"Mamma mia che manone e piedoni enormi che ha questo bambino" mente ti sfregavano e ti pulivano e ti aspiravano e io ti sentivo caldo e pulsante sulla pancia.

"Hai fatto tante cose in questi sette anni", mi ha ricordato oggi l'amico Ruvy, che è da tanto che mi conosce.

Si, e il bambino che sei diventato è una delle migliori.

(Poi se mi gira potrei fare un reportage del parto, che nulla come un branco di madri a piede libero e un paio di bicchieri di vino per cominicare a raccontarsi dei parti rispettivi).

L'intuito dei bambini

L'amica R. è tornata da un viaggione in Etiopia e ci faceva vedere le foto su google. Discretamente mi ha indicato un uomo con gli occhiali, dicendo più a gesti che altro "è lui quello che mi piace tanto".
"Ma dov'è adesso?" si impiccia Ennio, che avrà le antenne direzionali, non so.
"A casa".
"Si, ma dove, in Olanda?"
"Si".
"Ma ad Amsterdam?"
"No, lui vive da un'altra parte".
"E perché non viene a vivere con te?"

Caro Ennio, perché né l'amica né il santuomo sono due ragazzi, perché lui ha perso sua moglie manco un anno fa e chissà se è pronto, perché lei è la donna più discreta e cauta del mondo anche se da quando lo hai chiesto forse hai ragione che magari le piacerebbe vivere con lui, non sempre, non troppo presto, però un po' così per vedere come va si, perché lei è un tesoro che le è andata un po' sfortunatamente in amore che la vita è così, perché è scesa a patti con tante sue paturnie solo dopo i 45 e la morte di una madre amata e dominante, perché l'anno scorso è uscita per un po' con uno stronzo e ne è uscita male, perché da quando ha dovuto lasciare qualche anno fa il suo amore per cause di forza maggiore e perché lui non è tipo da invecchiarci insieme non le è più capitato un uomo che le piacesse tanto come questo qui, perché un mese in Africa con un gruppo bellissimo non basta a capire se è l'uomo della tua vita o se soffrirai ancora, perché i grandi sono complicati.

E poi quante domande, ma i fatti tuoi mai?

Piccolo, sono orgogliosa di te e della tua empatia e so che anche tu vuoi un gran bene a questa zia putativa.

Del femminismo (non so proprio che titolo dargli)

Approfitto delle famigerate esternazioni del nostro PdC, per sviscerare in tutte le direzioni che mi pare un argomentino a cui per tanti motivi sono sensibile. Più che altro perché riconducibile a un paio di post recenti che parlano di tutt'altro.

Allora, il bello di fare respirazione, o qualsiasi altra attività di autocoscienza e crescita personale è che a un certo punto ti accorgi di come cose che tu sai benissimo che ti dicevano da piccola, una tantum o al basso continuo, cose che addirittura racconti come aneddoto di lessico familiare, improvvisamente ti ascolti dirle e ti rendi conto: 'azzo, è da lì che mi viene.

E a me viene da zia Filomena, la mia prozia monaca di casa, zoppa e gobba, ex-maestra e presidente dell'associazione donne cattoliche. Una di quelle cattoliche doc che negano l'esistenza del corpo, in quanto dobbiamo aspirare alla spiritualità e alla santità, per meno del paradiso il gioco non vale la candela.

Zia Filomena non esce dal vuoto, è un tipico prodotto della sua epoca, della sua storia familiare e del suo ambiente. Ho capito davvero alcune delle fisse sue e di mia nonna solo quando ho letto un libro fantastico, Santa pazienza, di Marta Boneschi, ovvero la storia dell'emancipazione femminile in 100 anni di storia patria. Lì ho capito tante cose e mi sono covata una gran rabbia per tutto quello che ci hanno fatto a noi donne nel corso della storia.

Meglio così, che a mia madre l'anno scorso quel libro ha fatto capire veramente da dove veniva mio padre e cosa pensava davvero delle donne e dell'emancipazione. Lei che è cresciuta in un posto dove grazie al socialismo reale se non altro in teoria (e poi perché non era bon ton dire altrimenti) la parità und uguaglianza tra i sessi era un dogma di partito e si cercava di comportarsi di conseguenza. Poi il polacco che si ubriaca e mena alla moglie esisteva prima e purtroppo esiste adesso, e non è secondo a nessun popolo in questo.

Per dire che mia madre quando è venuta in Italia si sentiva talmente uguale a chiunque che certe battute alla PdC di mio padre, lei le prendeva per battute e basta. Divertenti o cretine, riuscite o meno, ma ha passato gli anni della mia adolescenza a cercare di convincermi che non me la dovevo prendere, che lui diceva così ma la pensava assolutamente all'opposto, che con lei lui parlava diversamente. Povera donna, come ci illudiamo delle volte sul conto dei nostri cari.

Ma io che in quell'ambiente ci ero cresciuta e me lo ero assorbita tutto, conoscevo i miei polli e in più c'è questa cosa, che io e mio padre ci leggevamo nel cervello. Lui con me non aveva neanche bisogno di finirla una frase che già sapevo dove andava a parare, e (anni adolescenziali, quanti ormoni in circolo) lo cazziavo a sangue. Lui in compenso mi faceva incazzare oltre ogni limite dandomi della femminista. Che io non ero femminista, ero una persona normale, non uno stronzo in malafede come lui, e quindi pretendevo una parità che, guardiamoci in faccia seriamente, né mio padre, né il mio ambiente, né il mio paese potevano offrirmi.

Infatti me ne sono andata. E poi mi sono messa a lavorare su me stessa a costo di patirci, ma questo è un altro discorso. Il discorso è che la parità ce la diamo da sole, a costo di comportamenti non paritari, che la pelle è nostra e non ce la protegge una legge per delitti contro la morale. Che ad aspettare la legge stiamo fresche. Però intanto la legge la pretendiamo e guai a chi la tocca.

Comunque zia Filomena è stata la mia prima formatrice in senso morale e intellettuale. Per me è stata sempre in un certo senso il mio grande modello di emancipazione. Emancipazione come quella delle ragazze musulmane che per poter andare all'università senza farsi dare della troia indossano il velo, emancipazione secondo il massimo che ti permettevano le circostanze. Ma comunque il massimo.

Mia zia è nata nel 1900, da un padre come tutti i padri dell'epoca autoritario e chiuso di mente, e da una madre straordinariamente illuminata, che ha fatto studiare come poteva tutte le figlie. È diventata maestra, nonostante la malattia e l'handicap fisico, è sempre stata autonoma finanziariamente, ha sempre avuto una forte autorità morale in famiglia e in paese e non si è mai sposata, in parte per via della malattia e dell'handicap, ma in parte, temo, anche per un'esagerata sensibilità nei confronti della carne che l'hanno portata a rifugiarsi nella religione e nello spirito.

Erano gli anni che l'Azione Cattolica dava un ruolo sociale alle donne fuori casa grazie alla totale segregazione dei sessi, che Khomeini ha avuto poco da insegnarci.

Mia zia avrebbe voluto farsi suora, ma la madre, pragmatica come sempre, la convinse a farlo in casa: perché andare ad aiutare i figli degli altri, quando con otto sorelle e i nipoti poteva già fare tanto bene in famiglia? E fece la matriarca di un mucchio di gente, lei senza figli.

Mia nonna restò prestissimo vedova e andò a vivere con la sorella, farle da serva, in cambio dell'aiuto nell'educazione dei figli e lo stipendio fisso in casa. Mio padre dice sempre che zia Filomena è stata la sua vera figura paterna. Ma diciamoci pure che a quell'epoca una vedova, senza padri e senza fratelli che ne proteggessero l'onore o potessero farlo potenzialmente, era poco meno della donna di tutti, e provati a ribellarti. Meglio vivere nell'aura di santità di zia.

Anche questo l'ho capito, come tante cose, dalla letteratura. Non se abbiate letto Il mandolino del Capitano Corelli, non la sciacquetta di film che ne hanno fatto, il libro. Il libro dove lui, consigliandosi con il padre della sua amata, decide di non sposarla prima che la guerra e le circostanze li separino, perché, come dice il padre greco, se lui dovesse morire in guerra, una vedova da noi è come una prostituta. Il primo che passa se la prende.

Altre vedove nella mia famiglia ci sono state. Due, dell'epoca di mia nonna, si sono risposate, una con un tizio che giocava e beveva, la picchiava e viveva del suo stipendio di maestra (quanto è stata lungimirante quella mia bisnonna che mirava all'emancipazione economica di quelle figlie senza fratello protettore) e forse, si sussurra, le ha anche molestato la figlia adolescente.

L'altra ha sposato un ex-innamorato, che per anni ha costretto la figlia di primo letto a chiamare la madre zia, perché si vergognava che sua moglie avesse avuto un altro uomo, cioè, non lui, che lo sapeva benissimo quando l'ha sposata, gli altri. Che l'uccello è la misura di tutte le cose e guai, quando un uomo non è contento della misura che si ritrova.

Tutto sommato a mia nonna e a tutte le donne della mia famiglia che hanno fatto della repressione sessuale una strategia di sopravvivenza sociale è andata bene. Ma il loro prezzo l'ho pagato anch'io, che in fondo sarei di un'altra epoca.

Però, come diceva sempre la mia coach: "tutto quello che ti hanno inculcato e di cui ti vuoi liberare, ricorda che è sempre stato fatto per amore. Per proteggerti con i mezzi migliori che conoscevano. Sta a te proteggerti con quelli che invece ti vanno bene".

Zia Filomena non era una santa. Era anche una donna dura, severa, con un gran senso della propria autorità e guai a metterla in discussione. Ma ha voluto un gran bene a tutti noi, e questo l'ho sempre saputo.

E così, per insegnarmi a proteggermi, quando avevo forse meno di 4 anni, un giorno mi spiegò. Mi spiegò che non bisognava mai farsi toccare da un uomo. Neanche la mano. Perché dalla mano sarebbe passato al braccio, dal braccio al corpo e poi, poi "diventa il tuo padrone".

E io alla parola padrone mi dissi (con altri termini che avevo pur sempre manco quattro anni e venivo cresciuta ad essere una perfetta signorina ben educata), mi dissi: col cazzo che diventa il mio padrone (e mentalmente devo essermi anche fatta il gesto dell'ombrello, che all' epoca non conoscevo). Così sono diventata femminista ad oltranza. Non di certo un percorso regolare, ma insomma, tutto fa.

Anche per questo ho sviluppato troppo presto questa paura degli uomini, della carnalità e del sesso come mezzo per schiavizzarmi. Magari ce l'ho di mio l'intelletto ipertrofico, ma negare di avere un corpo aiuta tanto. Mettiamoci anche la timidezza patologica, che le bambine ben educate si creano così, reprimendole e creando loro un gran senso di vergogna inutile.

Leggere non aiuta. Mi capitò per mano Dalla parte delle bambine davvero troppo presto. Ancora di più la rabbia e la consapevolezza che il mondo era fatto in modo sbagliato. Io reagivo menando tutti i maschi con comportamenti prevaricatori, che quello è l'ambiente in cui sono cresciuta io. Non aiuta molto a fidanzarsi quel paio di anni dopo, ma almeno non ti scoccia nessuno.

La cosa che ancora mi sorprende è che in fondo io ho sempre avuto davanti agli occhi il matrimonio dei miei genitori che è davvero stato un bellissimo matrimonio felice. Come ho fatto ad assorbire tutta la negatività dei rapporti tra i sessi trasmessomi da due donne anziane, senza marito e che non hanno mai sentito la mancanza di una sessualità felice, ma al contrario sono cresciute con questo binomio corpo=peccato, proprio non lo so.

Eppure a parte zia Filomena, con cui pure da piccola dividevo il letto e mi rendeva felice dormire con qualcuno, io vengo da una famiglia straordinariamente affettuosa fisicamente. Baci, coccole, carezze, dormire tutti insieme nel lettone genitori, figli, zie, cugini, nonni, come cuccioli in un cesto. Ma ho negato per anni qualsiasi cosa del mio corpo che potesse vagamente aver a che fare con la sessualità. Il sesso è una cosa astratta che non ha nulla a che fare con il mio corpo, guarda un po' che ragionamento sensato.

Mi ci voleva il sant'uomo e i figli che mi ha fatto per togliermi tante paturnie. Perché sarà che con le gravidanze i miei ormoni danno il meglio di sé, sarà che forse non a caso ho avuto una bella depressione post-natale mai diagnosticata, sarà che in quel periodo oltre ai figli ho cominciato a fare teatro (ho debuttato con Orso di otto mesi nella pancia) insomma, l'ho capito tardi che avere un corpo è meglio che fingere di non averlo.

Per cui che Berlusconi faccia certe dichiarazioni a me non scandalizza né ferisce più di tanto, perché non è mio padre e il mio parricidio rituale in questo senso l'ho già consumato per le vie intellettuali che so. Mi dà semplicemente la triste percezione che come parla lui la pensano in molti e che c'è n'è parecchia di strada da fare.

Dico però, in nome della moralità bacchettona con cui sono stata cresciuta per proteggermi, che un padre di figlie femmine dovrebbe stare molto, ma molto attento a quello che fa nel creare l'immagine degli uomini e della sessualità nelle proprie figlie. Un po' quello che pensavo all'epoca di Clinton e della Levinsky, mi sono sempre chiesta che effetto potesse fare a una ragazzina adolescente, poco più giovane della stessa Levinsky in fondo, sapere certe cose di suo padre spiattellate in faccia al mondo da un'aula di tribunale.

Concludo con una frase da una recensione del libro della Boneschi:
"In conclusione si può dire che quel movimento minoritario e impopolare, che viene definito "femminista", oggi così in declino, ha comunque raggiunto un obiettivo: una donna è una persona e lo sa, nessuno più mette in discussione tale asserzione".

Purtroppo no, ma ci stiamo lavorando. E io sono nonostante me stessa, ancora una femminista. Maschi prevaricatori, non azzardatevi a venirmi vicino che vi dò un pugno. Che vabbé signorine di buona famiglia con pianoforte represse e ben educate, ma quanno ce vo' ce vo'.

(Di Camille Paglia e dello stupro parlo in un prossimo post).

domenica 25 gennaio 2009

Poesia magnetica

Woman

swallow

my zucchini

and I

will lick


yout honey pot

Il capo mentre ieri ero al compleanno di suo fratello a spiegare a sua madre perché non fosse venuto ("sta a fare le tasse del 2007, la settimana prossima se nn consegnamo sono rogne", "ma se lui è lavoratore dipendente, sono le tue tasse che sta facendo?") ha messo in ordine tutte le carte, rimpolpato il classificatore con le opere d'arte dei bambini (una minore poco riuscita che non ci manco entrava l'ha buttata, nella pattumiera, non nel cesto della carta perché non la vedessero, e stamattina Ennio ci è entrato piangendo in camera: "il mio disegnooooo, perché l'hai buttatoooo") e ritrovato il mio regalo delle tesserine magnetiche per comporre poesie a casaccio sul frigo. E si è estrinsecato, per dirmi che mi ama.

"Ma perché non gliele metti nel mangiacarta la prossima volta?"
"Me ne sono scordato"

Comunque Ennio si è consolato riguardando la cartella dei suoi capolavori degli ultimi 6 anni, compresi gli appunti delle parole che conosceva, che il capo se le segnava per conto della logopedista.

Per dire, che per le zucchine al miele dovremmo avere un altro tipo di vita, ma il bello della poesia è questo, che sublima.

sabato 24 gennaio 2009

Maschi etero

Che ritrovarsi per la prima volta a lavorare a un pezzo teatrale con 4 maschi etero, e meno male che stavolta non me ne devo spalpazzare nessuno, devo dire che mi fa strano.

Soprattutto perché due di loro hanno come compito specifico quello di guardarmi e farmi appunti. Io non ci sono abituata a farmi guardare e valutare visivamente e consapevolmente dai maschi eteri, è una cosa che ho passato la vita ad evitare, o quanto meno ad ignorare.

Già noto che recalcitro peggio dell'ape Maja quando le ricordavano che scopo dell'ape è fare il miele e non fare domande. Ecco, il mio scopo è stare lì a recitare o provarci, ergo a farmi guardare anche se io mi illudo sempre che sia soprattutto un sentire ed asoltare, ma nulla, quelli mi guardano.

E anche se ci stanno facendo un gran favore a farlo, anche se ci serve tantissimo e ci sta davvero aiutando, queste prove rischiano di diventare difficili, ma tutto serve nella vita.

Per fortuna il quinto maschio etero che spero venga a guardarci fare le prove, Frans, lo vedo talmente paterno (ne ha pure l'età) che la cosa mi rassicura.

La domanda a monte magari è: ma se io sono timida e ciò l'intelletto ipertrofico e vorrei tanto essere amata ed apprezzata per la mia anima, proprio l'attrice mi dovevo mettere a fare? Me ne restavo bella invisibile dietro i microfoni della radio, campavo più tranquilla.

venerdì 23 gennaio 2009

I compleanni a scuola

Prendo spunto da Raperonzolo per parlare delle feste di compleanno a scuola.

Premesso che il compleanno è uno di quei momenti di socializzazione in Olanda che hanno un significato mostruoso, e devo averne parlato lo scorso anno da qualche parte.

Premesso che la socializzazione non inizia mai abbastanza presto e mi ricordo ancora le feste all'asilo.

Premesso che lo scorso anno una decisione della direttrice di vietare la consumazione degli spuntini offerti dal festeggiato in classe ha scatenato una mezza rivolta (la vexata quaestio è che nella maggior parte delle scuole e degli asili si cerca di evitare il consumo di dolci, aggiungici le allergie, il kosher, l'halal , i genitori vegetariani, vegani e quantaltro, insomma come accontentare tutti? e la preside ha deciso di eliminare il problema. Solo che l'ha fatto unilateralmente e questi sono peccati che in Olanda non ti perdonano).

Io per semplificarmi la vita sono andata un paio di settimane fa da De Slegte che è la catena di negozi di libri a prezzi ridotti, praticamente il passo prima del macero, e che consiglio sempre a tutti gli appassionati di guide, libri d'arte ecc. che si trovano cose bellissime. In passato ci ho comprato un'edizione lusso di Torquato Tasso, Cioccolata da Hanselmann e Petrolio di Pasolini, tutte in traduzione, ma evidentemente mai state un gran successo commerciale.

Stavolta nella sezione bambini ho trovato una serie di storie nordafricane basate su un personaggio epico e il suo asino, raccontate da Hakim, un attore che ha avuto un gran successo in alcuni programmi e film per bambini. Evidentemente le storie nodafricane non hanno incontrato il gusto dei genitori olandesi, e quelli marocchini gliele raccontano per fatti loro.

Ma sono storie semplici e buffe, con disegni molto carini e costavano 1 euro a libro, cosa voglio di più?

Sennò mi toccava andare all'Hema, comprare le confezioni di sacchettini (un anno quelli di Capitan Uncino, l'altro quelle con i palloncini), comprare le confezioni di cacchietti da regalare ai compleanni (temperini, pupazzetti, biglie, cannucce decorate e cavoletti vari), poi le confezioni di cachhietti commestibili da portare a casa invece di consumarli in classe come ai bei tempi, in modo che i genitori decidano cosa fargli mangiare e cosa no, che se volete il mio parere non c'è dispetto più grosso per un bambino, poi confezionare le bomboniere, magari aggiungerci un bigliettino ad hoc che i genitori sapppiano a chi devono tanto ecc. ecc.

L'anno scorso me la sono cavata con un magnetino da frigo con una foto carina dei mostri che cucinavano, il titolo Le ricette di Ennio ed Orso e poi una ricettina di dolci che a loro piacevano (e l'indirizzo del blog di ricette in olandese).

È piaciuto moltissimo, soprattutto perché l'ho fatto fare a dicembre, a gennaio è entrata in vigore la normativa anti-dolci e tutti i genitori l'hanno presa come un velato gesto di protesta. Non potendo offrire dolci veri, offriamo quelli virtuali (che sarebbe stato un gesto geniale, a farlo apposta, ma non è uscita così).

Poi, fatalità, che ho comprato si i libri per tempo, ma non ho organizzato altro, a parte ritrovare la macchinetta del pop-cors (salato è ammesso, se riuscissi a farlo), oggi pomeriggio era aperto il su0permercato con le offerte speciali e cosa avevano? Tutti articoli in promozione per i compleanni. Ho comprato sacchetti, tovagliolini, e piattini dei pirati così fra un mese e mezzo sono spiccia per Orso, più una serie di biscotti sanissimi alle uvette Sultana, abbastanza noti perché i bambini li mangino, abbastanza sani per cui non gli venga la fretta di farlo e possano aspettare di tornare a casa, e se dio vuole anche questo compleanno a scuola è risolto.

Come festa per gli amici avrei volentieri organizzato un Carnevale alla scuolad'italia, che mi avrebbero dato il locale, ma Ennio ha detto di voler andare al TunFun con un gruppetto scelto di amici (ne può scegliere in numero pari agli anni compiuti + 1 + fratello, queste sono le regole olandesi che a me francamente sembrano un obbrobrio affettivamente, ma tanto utili e comodi per i genitori).

Insomma, l'unica cosa che devo fare è passare a pagare per i 10 bambini e la torta, rimediare un paio di genitori che mi facciano compagnia a far salotto in un tunnel pieno di gonfiabili e giochi che risuona delle voci di 300 bambini urlanti, con il bar più orrendo che io abbia mai visto, tutta roba di fabbrica tranne le mele, persino i succhi di frutta hanno colori fluò e sanno di plastica colorata, e la proibizione di portarti roba tua, quindi ho ordinato anche torta, poffertjes, limonata e lo champagne per bambini mi sono rifiutata, potranno mangiare e scartare i regali per ben 3 quarti d'ora in una delle baracchine private preposte per poi tornare a correre, urlare e saltare fino a che i genitori non li vengano a prendere in consegna.

Stanchi ma felici.

Qualcuno mi presta un paio di tappi per le orecchie? E adesso a toglier prezzi e insacchettare i libri e le Sultana, che per le storie del deserto, ci penso ora, mi sembrano uno snack quanto mai adatto.

Nikolay è stato operato

Dall'arrivo in Germania le cose finalmente si sono messe bene. Ieri mattina è stato operato dal prof. Rösch e la sua equipe, presente anche il chirurgo-tutore ucraino. L'intervento è durato 6 ore, ci sono state delle complicazioni (una fistola, che manco saprei dirvi cosa sia, mi devo documentare) e adesso si attende il decorso post-operatorio, ma i medici sono soddisfatti.

Dopo tutto lo stress per il visto e tutto il resto finalmente anche Sabine e Berto, che più di tutti si sono adoperati e avevano telefono e mail in piena attività da novembre, possono rilassarsi. Grazie per tutto quello che avete fatto e per aver condiviso con tante persone questa avventura, io sono superstiziosa e credo che tutte le dita incrociate che c'erano negli ultimi tempi forse hanno tenuto lontana la sfiga.

Restano adesso due cose da fare: trovare € 7000 per la fondazioen Kleine Herzen che sta raccogliendo fondi per Nikolay e gli altri orfani ucraini. Purtroppo l'imprenditore ucraino che si era offerto come mecenate sta soffrendo anche lui della crisi e non è riuscito a fare fronte alle sue buone intenzioni.

E poi, trovargli una famiglia adottiva. Se ho capito bene, data la sua situazione particolare, Nikolay è fuori dalle quote delle adozioni, quindi la prima famiglia con le carte in regola che voglia accoglierlo può farlo, previo ovviamente tutto l'iter consueto.

La cosa migliore, comunque, per tutto, è rivolgersi direttamente a:

Kleine Herzen
LändernTulbingerkogel 67,
3001 MauerbachÖsterreich (Austria)
Tel: +43 664 501 38 90
Fax: +43 2273 29357
E-Mail: office[at]kleineherzen.org

conto corrente di Kleine Herzen:8.700.361
Raiffeisen Landesbank NÖ-Wien
(BLZ 32000)
Swift (BIC): RLNWATWW
(causale, se volete: Nikolay)

Calvinisti in pillole: la predestinazione

Forse l'ho già detto, ma lo ripeto. Un calvinista, se lo incontri sul treno, sembra una normale persona che va al lavoro. Giacca, cartelletta, occhiali. Usa il computer, magari ha un telefonino.

Poi magari non fa vaccinare i figli, diciamo a caso, contro la poliomelite, perché se dovessero ammalarsi vuol dire che quella era la volontà di dio, e chi siamo noi miseri mortali per opporci ai suoi disegni imperscrutabili.

A quel punto potresti chiedergli perché porta gli occhiali. In fondo se è la volontà di dio che lui campi da miope, perché opporsi.

Lì la bibbia non gli offre risposte univoche. E il loro cervello funziona in maniera univoca, lo dicono loro stessi: ma sia il vostro parlare si, si; o no, no: quel che vi è di più proviene dal male (Matteo, 5:37).

Dura la vita se credi alla predestinazione. E noi cattolici abbiamo il dono dell grazia, e manco ce ne rendiamo conto.

giovedì 22 gennaio 2009

Quanto sono calvinista?

Questo è l'anno di Calvino e il quotidiano Trouw ha messo sul sito un test per misurare il proprio fattore-C.

Io l'ho fatto due volte: la prima volta è venuto fuori il 28%, solo perché per la fretta ho dato una risposta troppo calvinista rispetto a quello che pensavo. Incoraggiante. (La seconda è venuto 33, e non concordo. a me bastava 18).

Insomma, sono troppo edonista, emotiva e facilona per essere una buona calvinista (signore di Calvino, te ne ringrazio profondamente).

Ma le domande in realtà sono più interessanti del risultato:

  • ami i cibi di lusso? certo, perché in questo paese è lusso comprarsi un cibo prodotto onestamente, con coscienza e senza stronzate di marketing intorno.comprarsi un pane con la crosta che sappia di pane, fatto con lievitazione non forzata
  • in fondo al lavoro potresti fare di più? No, perché rispetto al calvinista che la domenica celebra il sabbath, io già lavoro moltissimo, mica ste pappette. E faccio un lavoro che mi piace, quindi lo faccio meglio di chi lavora per dovere
  • spendi per i vestiti? meno di quello che vorrei, se avessi una taglia più facile, ragazzi, eravamo rovinati
  • accendi ogni tanto una candela per i defunti? Per forza, sono cresciuta cattolica e italiana, quindi il culto dei defunti ce l'abbiamo nel DNA anche prima dei cattolici e Co.
  • quello che secondo me però li ha confusi è stata la domanda sul sesso. Che mi ha ricordato un vecchio sketch dei Monty Python, con la famiglia cattolica piena di figli, tutti magri, sporchi, desolati, e la coppia protestante belli, giovani, scattanti, che praticano la contraccezione e possono anche usare tutte quelle belle cosine. non so, con tutto che era semplicemente un'affermazione di cui dire: concordo oppure no, devo essermi contraddetta non poco a quella domanda lì.
  • l'eccezione alla regola mina la validità della regola: ma fatemi il piacere.
Insomma, da quel test il protestante ne emerge come una persona dall'intelligenza e la fantasia mooooolto limitate, con un cervello che è impostato solo sul SI/NO, con il terrore dell'emotività, della sfumatura, dell'estetica, e che proprio perché non si pone domande poi si riempie di soldi, visto che lavora come un automa. (E tralascio come ne viene fuori il cattolico).

E si può discutere fino a che punto questo ritratto sia vero. Certo, l'olandese medio ne ha un paio di queste ossessioni, ma o perché vivo ad Amsterdam, che non è propriamente l'Olanda media, o perché apprezzo moltissimo alcune delle conseguenze che questo modo di fare genera per la mia vita quotidiana, io trovo l'olandese medio un po' più decente di quello che viene fuori da questo test.

Magari era Calvinista poco convinto il compilatore, pora stella?

mercoledì 21 gennaio 2009

Dubbi sull'identità di genere (non è quello che pensate)

Uno dei grandi problemi per chi impara l'olandese è il genere dei sostantivi. Noi siamo abituati alla divisione tra maschile, femminile e neutro, l'articolo e tutti i pronomi vanno di conseguenza.

In olandese esistono l'articolo neutro (het) e non neutro (de). La forma del sostantivo ci dà lumi solo nei diminutivi: se finisce in -je allora è neutro. Het huisje = la casetta. Per il resto ti attacchi e così viene sgamato lo straniero, anche se parla bnissimo. Prima o poi si sbaglia.

Questa indeterminateza di froma tra sostantivo maschile e femminile crea però dei problemi anche agli olandesi quando a un sostantivo ci devono attaccare il pronome personale: divento suo o sua? Vall'a ssapè.

Per fortuna adesso il problema te lo risolvono qui: un sito in cui inserisci la parola su cui hai dubbi e ti dicono di che genere è.

Bello di mamma!

Interessante la preoccupazione di un genitore sul bell'aspetto del figlio.

Io sono anni che penso che bisogna stare attenti a quello che ripetiamo, noi e tutti ai figli, fino a spingerli in un determinato ruolo.

La bimba intelligente
Mi spiego, io da piccola sono sempre stata "la bambina intelligente". Alle elementari e medie nel mio paese ero la cocca degli insegnanti, perché adoravo leggere, leggevo sempre ed ovunque, e riuscivo a seguire due conversazioni contemporaneamente e ripetere su richiesta il contenuto delle tre fonti.

La mia maestra mi odia ancora per non essere mai riuscita a cogliermi sul fatto quando leggevo un Topolino di nascosto sotto il banco, e lei chiedeva: "Barbara, cosa sto dicendo" e io glielo ripetevo con i punti e le virgole e l'antefatto.

Quello che ciò ha fatto per la mia vita sociale e popolarità tra i compagi si lascia immaginare, aggiungiamoci che fino a pochi anni fa ero patologicamente timida, e lo sono ancora, ma lo gestisco meglio.

Su una sola cosa ero sicura: sulle mie opinioni personali, sulla mia capacità di scrittura, sul contenuto di quello che avevo letto (su quello che non ho mai letto, per esempio il programma di tre anni di filosofia al liceo, facevo la timida patologica e ha funzionato perfettamente anche quello. Mai rimandata una volta, porella).

Eh, ma per forza, io sono la bambina intelligente, non mi toccate l'intelletto. Infatti sono stata convinta per anni di essere considerata brutta, anche se io oggettivamente mi piacevo, ma non ho mai avuto fiducia nella capacità degli altri di vederlo. Quindi mi imbruttivo, mi vedevo brutta nelle foto e tanto bastava a confermarmi questa cosa. Via, non sia mai che una intelligente non sia brutta, ricordiamocelo, specie se ha gli occhiali e l'acne eterna.

Ciò (unito ad altri fatti e circostanze) ha prodotto danni enormi, ma riparabili, sulla mia percezione di me, sulla valutazione della percezione di me da parte degli altri, sulla consapevolezza di avere un corpo. Per tutta l'adolescenza ho avuto il collo alla Andreotti (poi il fisioterapista/pranoterapeuta pazzo ed ex-alcolizzato polacco a Vienna con due settimane ha fatto un miracolo, ma lo racconto un'altra volta).

Tutto vero, che da un paio di giorni ho recuperato un ex-compagno di liceo su Facebook che ha detto di aver letto il mio blog, quindi se capita qui può confermare.

Che io avrò pure avuto per anni la percezione di una vita sociale fallita, amici che mi vogliono bene come sono ne ho sempre avuti, ma me li sarei potuta godere di più. Recupererò.

La bimba vezzosa
Altro esempio, l'amica d'infanzia F., femminuccia femminuccia, lei era la bambina vezzosa e bamboleggiante, con i colletti ricamati a mano dalla madre curatissima, cocca delle maestre perchè bella, dolce, gentile e bravissima a disegnare, ricamare, far di maglia e uncinetto, lavoretti vari e financo suonare il pianoforte (la spinetta no, sto parlando dell'Abruzzo) che poi è diventato il suo mestiere.

Odiata anche lei da tutti, anche lei ha patito un'adolescenza bamboleggiante in odor di cretinità, poi nelle scelte umane e professionali ha dimostrato ampiamente di avere una gran bella testa, anche se ha sempre la vocina vezzosa e la volontà di ferro.

La bella bimba
Altra amica di gioventù cresciuta come "bella bimba", diventata bomba sexy al liceo, anche se oggettivamente era tutta aura. Aveva il culone, il seno piatto, le gambe cellulitiche e un pelo ad X e i capelli corti, ma si muoveva come Marilyn Monroe e con una sicurezza della sua presenza, pretendendo l'attenzione del mondo ad ogni gesto. Data la fama di bonazza passava per cretina, ma prendeva 8 in matematica e fisica con MANCINELLI (dicesi Mancinelli, i suoi voti valevano quanto il doppio di qualsiasi altro professore, io infatti ho raramente superato il 3, oh ma non mi dovevano costringere a fare lo scientifico, a mio padre ancora non la perdono, da genio del paese degradata a diversamente abile, tranne in lettere e lingue, un trauma che ancora non mi riprendo).

Il bimbo buono
O il famigerato "bimbo buono" 9ha persino una foto in braccio a papa Woityla), biondo, magrisimo ed etereo che volava via con un soffio di vento, mazziato dai macho del cazzo che popolavano il mio paese, a 10 anni è ingrassatissimo, poi è diventato una specie di teppista, sostiene di andare a fare risse in discoteca quando è ubriaco (dai 20 anni in su lo è stato spesso), pieno di piercing e tatuaggi e conciato da zarro, ma gli voglio sempre bene e per me è sempre, in fondo in fondo (molto in fondo), il bimbo buono biondo platino che volava via con le brezze. Lui lo sa e i suoi momenti di debolezza ammessa sono tutti miei. Quando non ci urliamo addosso, che gli stereotipi sono duri da risolvere.

(Il capo che lo ha conosciuto a 20 anni nel suo periodo peggiore di fascio/zengaro, e ancora non si riprende, fa fatica a conciliare le cose e ne sta alla larga. cioè, proprio non lo considera. Peccato perché lui il capo lo adora, soprattutto in virtù della sua forte propensione al ruolo di):

Il fratello maggiore
Quella del fratello maggiore è una specie di maledizione biblica, che solo in parte è determinata dall'ordine di nascita (mia suocera, per esempio, è secondogenita ma le è toccata tutta in quantitativi spaventosi e passa la vita a dominare, organizzare e preoccuparsi neuroticamente degli altri, specie se parenti, meglio se figliati da lei). Il capo ed io lo siamo entrambi ed io ho in un certo senso la versione di default, ma lui, che secondo me ha anche la madre che ha: lui ne ha fatto un mestiere.

Infatti, lui che in fondo è un senior consultant e team leader per progetti informatici (il senior e leader già dicono parecchio in questo senso, ora diciamo pure che un titolo senior, con un po' di pazienza, basta aspettare e biologicamente non si nega a nessuno, ma è il mix che risulta letale ai fini della maggioritudine), un paio di anni fa gli hanno appioppato un titolo tutto nuovo nella sua azienda, human development manager, che tradotto in termini umani significa proprio: il fratello maggiore, per due giorni alla settimana.

Cioè, chiunque abbia un problema, specie i consulenti con meno anzianità o nuovi in azienda, vanno da lui che ascolta, media, offre soluzioni, gli cerca eventuali corsi, o semplicemente una spalla su cui piangere (cosa che è letteralmente capitata un paio di volte, e meno male che nel frattempo lui era abituato a me, agli italiani, a tutte le mie amiche emotive, e ha risolto con molto aplomb. Poi la collega si è asciugata il naso e in tre secondi ha tirato fuori lei una soluzione tecnica brillante, senza il suo aiuto).

Lui è quello a cui chiunque abbia problemi con il computer, la dichiarazione dei redditi, il gatto moribondo da finire la domenica sera nell'unica clinica aperta (lui allergico ai gatti che tirava mostruosamente su col naso, l'amica/madre gattesca che piangeva disperatamente, il veterinario gli ha proposto di bere un bicchiere d'acqua, star lì seduti un po' e calmarsi, per timore che gli si ficcassero in macchina in un canale se li lasciava andare così, colpito da tanta disperazione).

Il fratello maggiore è quello che nel momento in cui una cosa da fare viene lanciata nel gruppo e tutti, anche chi di dovere, si tirano indietro, è quello che si sente in obbligo di prenderla lui prima che si sfracelli metaforicamente a terra. È quello che se uno dice: non va, ha già un progetto in mente per farla andare. È quello che non arriva mai, non finisce mai, ne ha sempre una che gli appioppano. Il fratello maggiore nei disastri naturali, è quello che dà il meglio di sé. Assume una naturale autorità, tutti gli danno retta, distribuisce i compiti e non perde mai la testa, uguale a quel testo di Kipling. Poi a cose finite lo si può raccogliere con il cucchiaino.

Cosa farci
Ho descritto un paio di casi che ho sotto gli occhi e hanno cominciato a darmi da pensare. Poi non è che noialtri non ne siamo venuti bene fuori, 40 anni dopo, che l'evoluzione della specie, è stato l'anno di Darwin e voglio ricordarlo, esiste davvero.

Ma quante persone conosciamo, piene di ottime qualità che loro per primi non vedono, troppo ancora imprigionati nello stereotipo bimbo che gli hanno appioppato? che quando uno ha una certa immagine di sé poi passa la vita a confermarsela, perché capire che ci siamo presi per culo e fregati tante occasioni umane e divine per rimanere nel ruolo che ci ha affibbiato qualcuno, in genere per troppo affetto o per proteggerci, beh è dura, ti mette in discussione tutto. Meglio non pensarci e tirare innanzi nell'unico modo a cui siamo allenati.

La mia porposta è: buttiamo fuori, ma letteralmente, il bimbo che è in noi, per fare spazio agli splendidi adulti che siamo diventati, grazie e nonostante tutto. Il 2009 per quanto mi riguarda è l'anno del coming out: basta con le stronzate, fatemi capire chi sono e che voglio e poi mi comporto di conseguenza. Anche se rischio non mi vogliano più bene.

(E, tra parentesi, io sono diventata una bonazza in anni recenti, se qualcuno vuol crederci. Ci sto quasi credendo io).

L'unica cosa che mi sento di salvare, considerato che vengono giudicati, secondo le ricerche, più competenti, altruisti, interessanti ecc. anche senza aver mai aperto bocca, cerchiamo di convincere i nostri figli che sono anche bellissimi. gli rimane l'aura e serve ad avere lavori più interessanti e ben pagati, carriere più rapide e favori ovunque. Lo dicono gli studi in proposito.

Siete tutti bellissimi. Credetemi.

martedì 20 gennaio 2009

Davvero, perché mai?

Ho visto dei posteroni in giro con una scritta:

"Se sei di sinistra dai addosso ai cristiani.
Se sei di destra dai addosso ai musulmani.
Davvero, perché mai?"

firmata dallo scrittore Joost Zwagerman.

Dagli torto. Veramente un domanda intrigante.

lunedì 19 gennaio 2009

Per scaramanzia...

... non ho più detto una parola su Nikolay, il bambino senza pisello di cui abbiamo parlato in tanti prima di Natale. Io poi avevo aggiunto un chiarimento qui e alcuni di voi mi hanno fatto sapere che avrebbero provveduto.

Questo perché la situazione era così incerta, fluida, andava avanti a botte di mazzette (chiamiamole come sono) per non farlo mandare in orfanotrofio e tenerlo in ospedale, con una situazione in cui dipendi dal potente di turno, che può essere un qualsiasi burocrate o passacarte, in un paese sull'orlo della bancarotta e con quel popó di discussioni sul gasdotto con i vicini, con un governo che stava per cadere e poi bisognava vedere se con il successivo non bisognava ricominicare con l'iter burocratico kafkiano.

Bisognava stare attenti a non pubblicare una parola sbagliata per paura di irritare il potente di turno, in cui non puoi comunque irritare nessuno che Nikolay non è il primo bambino aiutato e ce ne saranno altri che hanno un gran bisogno e i canali vanno tenuti aperti.

Così non potevo dirvi che non lo lasciavano partire per tempo affinché facesse tutta la preparazione preoperatoria, e che quindi, con medicine mandate con grandi sforzi in Germania l'avrebbe fatta in Ukraina (e la mia malafede di ex-cortinista di ferro mi faceva sospettare, dio perdonami se ho fatto peccato: quante di quelle medicine gliele daranno e quante se le rivenderanno al mercato nero?)

L'unica speranza che avevo era la motivazione nell'andare per un po' in Germania del suo chirurgo/tutore temporaneo. Non si poteva parlare, neanche insinuare, che forse sarebbe bello e buono per lui se venisse dichiarato adottabile intanto che sta lì e se si trovasse una mamma adottiva, magari anche medico pure lei, e che sa benissimo che tipo di situazione medica si mette nel cuore e in casa.

Sono tante le cose che avrei voluto e non mi sono sentita di dire e neanche di pensare. Neanche che ieri li aspettavano all'ambasciata tedesca per dargli i visti, neanche che eravamo in tanti a incrociare le dita perché prendesse quest'aereo.

Dico adesso che sono in volo, Sabine mi ha appena mandato una mail, verso le 21 dovrebbe arrivare e se mi avvertono per sms durante la trasmissione, finalmente posso dirlo: Nikolay, ce l'hai fatta pure tu.

Berto, Pascal e Sabine, per non parlare degli altri che intervenivano direttamente, hanno fatto salti mortali, spendendo soldi che non avevano, telefonate, fax, raccomandazioni. Siete i miei eroi.

Intanto però incrociate le dita con me anche voi. Se arriva, l'operazione l'hanno spostata dal 20 al 22 per potergli fare tutte le analisi, che causa ritardi vari non hanno potuto fargli.

Purtroppo, c'è un purtroppo: la donazione di € 6000 che avrebbe coperto le spese intorno all'operazione (perché operare lo operano gratis) promessa da un uomo d'affari ucraino, non si sa se arriverà. Il mecenate è introvabile, non si sa se per effetto della crisi o se ci ha ripensato.

Un euro alla volta si stanno mobilitando in tanti. Dico solo che a Natale Wilma ha raccolto € 400 euro in un carcere in cui fa volontariato. Un carcere. Ma non basta.

Se qualcuno può e vuole aiutare, facendo raccolte, donazioni, mettendo un salvadanaio alla cassa del suo negozio o bar preferito, fatelo e contattate Kleine Herzen, l'associazione benefica austriaca che si occupa degli orfani ucraini e che sta facendo un fondo a parte per Nikolay.

Kleine Herzen
LändernTulbingerkogel 67,
3001 MauerbachÖsterreich (Austria)
Tel: +43 664 501 38 90
Fax: +43 2273 29357
E-Mail: office[at]kleineherzen.org

conto corrente di Kleine Herzen:8.700.361 Raiffeisen Landesbank NÖ-Wien(BLZ 32000)Swift (BIC): RLNWATWW (causale, se volete: Nikolay)

PS su Facebook c'è un gruppo di sostegno a Nikolay e hanno pubblicato delle sue foto. io rifiuto per motivi etici di pubblicare foto di minorenni senza il consenso dei genitori o tutori che per ora non ci sono. Non sono una testata giornalistica, sono una madre. Ma mi rendo conto che se lo guardi in faccia, un bambino così caruccio e indifeso, questo dice più di tutte le parole che posso sprecare io in proposito. (Si, sono ipocrita. Ma diciamo che mi contraddico perché questa storia mi rende tutta emotiva).

Stasera in radio: musica de I muvrini

Stasera ho una sostituzione in radio e potrete ascoltarmi su Radio Onda Italiana dalle 20 alle 21 in streaming su: www.salto.nl, cliccare su wereld FM e poi sul tasto LIVE.

Ascolteremo tanta musica, soprattutto dei Muvrini, un gruppo corso di cui abbiamo già parlato qualche volta, parleremo di quello che succede di italofilo in città e ci faremo due chiacchiere.

Ricetta indiana: saag di spinaci


Di questi tempi ho un gran bisogno di cibi che scaldino, e lo zenzero e le spezie in genere sono l'ideale. Per cui, avendo trovato dei bei spinaci al mercato preferito di Marina (il Ten Cate, per chi fosse interessato), non me li sono strascinati in padella con aglio e peperoncino, perché avevo bisogno di altro cibo. Indiano.

In realtà l'idea originaria era di fare un curry di zucca al cocco per utilizzare il trancio che ho in frigo da un po' di giorni, poi mi sono detta che avrei fatto riso con due condimenti, zucca e spinaci, poi la domenica pomeriggio dopo le prove e due figli affamati ti obbliga al minimalismo.

E poi mi sono bellamente stufata di cucinare solo i piatti sicure per i bambini, che tanto ultimamente l'andazzo è che uno al giorno fa storie e rifiuta di mangiare e l'altro divora, indipendentemente da quello che metto in tavola, e ad ogni pasto mi ricordo l'avvertenza obbligatoria per legge sui prodotti finanziari: i risultati ottenuti in passato non offrono la benché minima garanzia per il futuro. Uguale.

Quindi ci siamo fatti un bel saag di spinaci, che avevo anche una gran vogli di quel bel yougurth denso greco o turco che persino il Dirk di fronte casa vende (Dirk sarebbe la catena di supermercati a prezzi bassi, ma di ottima qualità - non è un hard discount, è una catena locale con un forte potere d'acquisto anche nei confronti dei grandi marchi, ne riparlerò), che da Natale è pure aperta di domenica.

Ingredienti:
3 cucchiai di olio evo
1 cipolla piccola
4 spicchi d'aglio
2 cm. di radice di zenzero grattuggiata
1/2 cucchiaino da caffé di coriandolo in polvere
1 punta di coltello di cannella
1 punta di coltello di pepe di cayenna
sale
yougurth greco o turco, a piacere (io ne ho messi 2 cucchiaioni molto abbondanti, praticamente 3 mezzo)

400 gr. riso a grana lunga
curry non in polvere finissima, ma grossolano (usate quello che avete in punta di coltello)
zafferano (iraniano di Isfahan) in fili
acqua q.b.
sale q.b.

Avendo un solo fuoco a disposizione (questa è la mia cucina da campo) ho prima cotto il riso in abbondante acqua salata (va bene anche brodo o un dado), dopo 10 minuti che era tantissimo al dente, praticamente non ancora commestibile l'ho scolato, rimesso in pentola, cosparso sulla superficie di curry e stimmi di zafferano e rimesso altri 5 minuti sulla piastra elettrica spenta ma caldissima con il coperchio sopra. Poi l'ho messo via (l'avrei messo a tavola se questa non fosse stata interamente occupata dal contenuto di una cassone di Lego che il capo stava riordinando, ieri durante le mie prove con coi bambini ha riordinato l'armadio dei giocattoli).

Nel frattempo avevo messo gli spinaci in una bacinella d'acqua coperta sul fondo da uno scolapasta.

In un wok, perché quello avevo, ho messo prima a soffriggere la cipolla, dopo un 5 minuti ho aggiunto l'aglio, poi tutte le spezie e le ho fatte scaldare. ho tirato fuori e sciacquato uno ad uno gli spinaci, eliminando solo la radice, e mettendoli nel soffritto con tutta l'acqua che gli rimaneva addosso (la ricetta originaria prevedeva l'aggiunta di una tazza d'acqua e cottura di almeno 15 minuti per poi ripassare altri 5, ma io odio le verdure a foglia stracotte).

Ho messo il coperchio del tegame a vapore e fatto soffriggere/cuocere a vapore per un 7-8 minuti, rigirandoli un paio di volte in modo che il soffritto si distribuisse.

Poi con il minipimer ho ridotto tutto in puré, ho fatto asciugare a wok scoperto un paio di minuti, ho tolto dal fuoco e ci ho aggiunto lo yougurt mescolando (la ricetta americana offriva come alternativa panna, ma stiamo scherzando? Comunque si può, per chi non ama il fondino fresco ed appena appena acido dello yogurth) .

Ho servito in tavola il tegame di riso, il puré di spinaci in ciotola e una ciotola di cetrioli freschi affettati, che costituisce, in alternanza con i peperoni gialli e rossi, l'antipasto preferito dei miei figli, e un pane indiano naan della Patak, scaldato nel tostapane.

Persino i bambini, costretti e ricattati, l'hanno assaggiato, poi si sono finiti il riso in bianco ed i cetrioli. Tanto due fettone di salsiccia e un peperone giallo se l'erano già mangiati come aperitivo mentre cucinavo.
Credits foto: www.elitefine.com, rubata da Internet.

domenica 18 gennaio 2009

Dal 29 gennaio Gomorra nei Paesi Bassi

La società di distribuzione cinematografica olandese Cinemien dal 29 gennaio 2009 distribuisce anche il film Gomorra, di Matteo Garrone, tratto dall'omonimo romanzo di Roberto Saviano.

Oltre a dedicare un sito al film, Cinemien presenta sul proprio sito anche notizie di vario tipo sui suoi protagonisti, come ad esempio Giovanni Venosa, Salvatore Fabbricino e Bernardino Terracciano che si sono resi colpevoli di attività di tipo mafioso, come il primo che è stato colto a riscuotere il pizzo, ed arrestato.

Ho capito che la vita imita l'arte, ho capito che l'attore deve entrare in parte, ma attori incensurati, ne esisteranno? O dobbiamo arrivare a chiedere anche a loro il certificato antimafia?

Io vi devo ringraziare

Perché persino di fronte a una discussione di quelle che suscitano grandi reazioni viscerali (e vi ringrazio, perché le reazioni ci sono state, e anche belle e accese e con carichi di intimità e confidenza che mi ritengo onorata di aver potuto ricevere da voi partecipanti), il tono è sempre rimasto molto civile, scevro da insulti (anche se magari a volte l'irruenza dell'uno può aver ferito l'altro, poi però ci si spiega sempre).

Non so se dipende dal fatto che io per prima scrivo in modo molto viscerale, sicuramente in questo blog quando saltano fuori cose che appunto mi toccano, e che comunque per vizio mentale cerco sempre di dare spazio in me stessa per prima ai pro e ai contro. Insomma, ho l'avvocato del diavolo interno di serie.

Quando ho scelto di poter moderare i commenti prima di pubblicarli era proprio perché in altri blog a volte vedi che le cose degenerano, e comunque perché io sono un control freak e prima di vedere associate a me delle cose su cui potrei anche non essere d'accordo, meglio appunto censurare.

Bene, finora è stata una misura assolutamente superflua, perché persino il paio di attaccabrighe anonimi che sono capitati in passato ho scelto di non censurarli, ma di insultarli pubblicamente con la preghiera di non rifarsi sentire (e pare finora abbia funzionato), perché io di fondo non sono una signora, sono per la gogna agli elementi che si prestano.

Quindi posso solo concludere: i lettori di questo blog sono persone che pensano con la propria testa, educate, civili, pluraliste e che in questo ambito condividono con coraggio, o piacere, o passione le proprie idee più profonde, ma anche le paure, i dubbi, le certezze. Sono aperti alla discussione civile senza degenerare. E, cosa più importante, mi apprezzano e me lo dicono, e non sapete quanti soldi mi risparmiate in guru, santoni e cerotti per l'anima.

Mi regalate così uno spaccato di Italia quotidiana, quella di cui per la distanza devo proprio fare a meno, delle migliori. Per questo quando ci lamentiamo delle cose brutte del nostro paese, io tendo ad essere ottimista e incoraggiante. In Italia ci sono anche persone come noi, che indipendentemente dal colore delle proprie idee, riescono ad esprimersi e confrontarsi su argomenti etici, politici, umani e anche allegri e triviali, perché no?

Siamo forse quelli che in questo momento hanno meno spazio pubblico e sicuramente non in televisione, ma ci siamo e prima o poi riusciremo a farci sentire, fosse pure perché a un certo punto ci toccherà raccogliere i cocci (tocca sempre a quelli fatti così).

Che ne so, vogliamo formare noi tutti insieme un grosso partito trasversale, che sia al servizio del paese e dei cittadini, allo stipendio di un normale dirigente della pubblica amministrazione e senza mensa, casona e parrucchiere gratuito? Mi sa che la bilancia dei pagamenti, solo con queste misure minime si rimette a posto. A parte che ci saranno poi video delle sedute del parlamento molto, ma molto spettinate. (Cielo, cosa penserà allora il mondo di noi?)

venerdì 16 gennaio 2009

Il sesso spiegato ai genitori

Io non so gli altri, ma arrivo al venerdi sera stracotta. Stasera, dopo un lungo pomeriggio in giro a piedi e il recupero e rientro con le belve, ho avuto il lampo di genio di prendere tre pizze dietro l'angolo.

Che noi le pizze le mangiamo con il cartone sul tavolo, la rotella per tagliarle, e stasera cara grazia un piattino a testa che ha messo il capo, che io rischiavo di fare a meno anche di quello e passare in giro i tovaglioli di carta.

Ero così contenta, tutti e quattro a tavola insieme, che solo per quello era una festa. Di solito infatti il capo arriva quando i bambini devono andare a letto e a me le cene a tre fanno tristezza.

Perché stando a tavola si chiacchiera, ci si aggiorna, si scherza e si fanno i discorsi seri.

"Mamma, ma quando arriva il bebè? Che io lo voglio" fa Orso.
"Ottima idea Orso, facciamo così: voi adesso andate a lavarvi e a dormire senza storie, così io e papà forse riusciamo a metterci al lavoro, che fare un bebè è una fatica" soprattutto in questa famiglia di genitori stanchi e figli che di notte si infilano nel lettone.
"Perché è tanto lavoro?"
"Perché papà e mamma devono covare l'uovo" che dal pizzarolo ci siamo guardati un documentario sui pinguini che si accoppiavano, covavano e insegnavano a nuotare ai pulcini
"Si, dovete darvi i baci e fare sesso" che questa cosa del fare sesso è un annetto che mi affascina Ennio, anzi gli viene da ridere un sacco.

Che io una volta gliel'ho chiesto:
"Ma chi te l'ha detto?"
"Y., che ci mettevamo sedere sedere e così si fa sesso".
"Ma nudi o vestiti?"

Prima ha fatto la faccia schifata, poi all'idea che si potesse far sesso nudi gli è venuto da ridere, ma da ridere, che l'argomento si è cambiato da sé.

Poi stasera è andata a finire che Ennio ha voluto venire nel lettone e leggere un capitolo della storia di Roma (Antonino, Settimio Severo, lucio Varro, Caracalla), ci siamo addormentati stroncati fino a che una telefonata della suocera non mi ha risvegliato, e adesso ho un capo che ronfa qui accanto.

Io continuo a porre le mie speranze di riproduzione nella partenogenesi.

"I venditori"in foto

Bello, vero, l'orsacchiotto puro e semplice dei venditori? Questa foto diventerà la locandina del nostro nuovo pezzo teatrale, I venditori di Edoardo Erba. Tutta la genesi di questo pezzo, che verrà rappresentato ad Amsterdam al teatro Ostade il 28 e 29 marzo, potrete seguirla sul blog ad essa dedicato; www.venditoridierba.blogspot.com

Il dono più grande di un figlio

Mio padre è nato con un piede equino, figlio di madre vedova senza mezzi, e da bambino e poi da adulto ha subito tante di quelle operazioni che proprio aveva sviluppato l'orrore degli ospedali. Anche un'iniezione lo stressava.

Quando ha avuto un ictus, è stato in coma quattro giorni prima di morire. I giorni più duri della nostra vita. Ho ancora nell'orecchio il rumore del respiratore, quella cannula tenutagli a forza con il cerotto a un angolo della bocca fino a farrgli il livido, quel sacchetto di urina appeso al letto, quegli aghi e tubicini infilati dappertutto. Quel "shoof", "pausa", "shoof".

Anche se lo sento in un film, quel rumore, mi ritrovo assolutamente impotente a quel letto di ospedale.

Io e mio fratello, che vivevamo entrambi all'estero, arrivammo alle tre di notte, il medico aveva già detto a mia madre di suonare a qualsiasi ora. Gli facemmo due domande.
"Possibilità di ripresa?"
Nessuna, metà del cervello era andata subito.
"Allora perché non lo staccate, che si risparmia corrente?"

Poi scoprimmo con ia madre che lui già anni fa, a mio fratello adolescente, aveva fatto promettere da uomo a uomo che se fosse successa una cosa del genere, ci avrebbe pensato lui a farlo morire.

E lì stava mio fratello, 25 anni, un bambinone tenero che ha sempre fatto il duro per darsi un contegno, sposato da poco con una bimba in arrivo, e schiacciato dal peso di questa promessa.

Il mio amico R, uguale. Suo padre che marciva pezzo pezzo, impazzito dal dolore quando non era sotto morfina, che malediceva sua moglie che si appellava alla volontà di dio ("Non è dio che lo ha attaccato alla macchina, lui aveva chiesto di non rianimarlo") e non ne voleva sapere, lo implorava al telefono: vieni ed uccidimi tu, sei l'unico di cui mi posso fidare. Il suo aereo è atterrato poche ore troppo tardi.

Io non credo che si possa chiedere ai figli una cosa del genere, ma se la tua volontà è quella, solo quello uno può fare. Perché hai tutti contro.

Noi siamo stati fortunati: la morte è stata più misericordiosa della legge. Ma nella sala d'aspetto di quel reparto di terapia intensiva, in quei giorni maledetti, ho conosciuto parenti meno fortunati, che consumavano i giorni, i mesi, in attesa di una svolta.

Come la ragazza che da un mese dormiva sulla panca della sala d'aspetto. Vivevano in un paesino dell'Abruzzo interno, troppo lontano per viaggiare, non avevano macchina e anche pochi soldi. Lei stava lì da un mese per quella mezz'ora di visita alle sette di sera in cui poteva parlare e toccare il padre.

Mia madre, quei pochi giorni, l'ha letteralmente trascinata a casa nostra la sera quando andavamo via, per stare di nuovo lì la mattina alle sette. Poi, nonostante le avesse chiesto di chiamarla, che sarebbe andata a prenderla volentieri, non l'abbiamo più sentita. Perché queste situazioni ti fagocitano e mettono la tua vita in stand-by.

Per questo, ma forse anche senza questo, oggi ho firmato per il testamento biologico su
http://testamentobiologico.ilcannocchiale.it/

Perché sulle mie questioni personali di vita e di morte non posso e non voglio affidarmi ai miei familiari, che poveretti, quando succedono le disgrazie, hanno pure diritto a non portare un peso di coscienza troppo grande.

E i difensori della vita a tutti i costi, si dimenticano di cosa sia nei fatti stare appesi a una macchina. Sei nudo sotto un lenzuolo, toccato da mani estranee e pieno di buchi, di elastici di adesivi che ti tengono fermo e ben attaccato dove devi.

Mia nonna, anche lei un ictus e pochi giorni di coma: era la persona più pudica del mondo, ha fatto per tutta la vita il bagno in camicia da notte. E me la sono vista lì, nuda o quasi, confusa, in un letto di ospedale senza capire dove fosse, cosa le succedesse, riconosceva solo noi. Se ne è andata in silenzio al mio fianco verso le 5 del mattino, nell'unico momento in cui mi sono appisolata su una coperta per terra, in ospedale, per non crucciarmi e non darmi fastidio.

E come l'hanno rivoltata, per attaccarla alla macchina che registrava i suoi ultimi battiti cardiaci, mentre lei era già fredda e immobile, con il lenzuolo all'aria, il suo pube di vecchia sotto le luci crude della sala, ecco a me quella, per lei, è sembrata davvero l'estrema violazione della sua dignità.

Ancora non avete firmato?

Lasciare il nido

Orso ulula perché il fratello è sceso prima dalla biciclettona ed è arrivato prima alla porta, e io, invece di tirarlo fuori, vado prima ad aprirla, che qui fa un freddo cane.
"Volevo arrivare prima ioooooo. È sempre lui il primooooo".

Lo tiro giù, lo smisto dentro, lui scalcia. Scarico la spesa, chiudo la bici, lotto con il telo che copre il cassone.
"Dai Orso, togliti la giacca".
"Mamma, tu sei così cattiva che puoi andare ad abitare da un'altra parte".

Ultimamente me lo dice spesso. che me ne posso andare a vivere altrove, se proprio devo essere così noiosa, restrittiva, ragionevole, quando lui ha le incazzature.

E pensare che io credevo che i discorsi madre-figli sul lasciare il nido avessero un'altra piega. Questi figli di oggi, sono una continua sorpresa.

PS: quando studiavo l'interpretazione psicologica delle fiabe - essì, ho fatto anche questo - apprendevo che la figura della matrigna serviva al bambino per riconciliarsi con l'immagine della mamma, ovviamente sempre buona, bella e positiva, perché è così che il bambino ne ha bisogno, con la mamma quando vuole che il bambino faccia cose di cui non ha voglia, ovvero la mamma cattiva. È più facile, pare, scindere in due personagi, quello buopno e quello cattivo, i vari aspetti di una persona, perché il bambino piccolo fa ancora fatica a capire che tutti hanno i lati positivi e quelli negativi.

Io mi sa che gli devo fare una cura di matrigne, a questo qui, gliene ho sempre raccontate troppo poche di fiabe.

giovedì 15 gennaio 2009

Tasto stampa in tastiera

Io ho la tastiera in inglese, il tasto Stampa non lo trovooo! Sniff.

Grazie a VeraMatta e Luisa per l'assistenza, ma technology fails me once again. Adesso me la studio e cerco di tradurla, sennò ho sempre il capo, quando lo vedo, a cui chiedere.

Come pianificarsi il viaggio con i trasporti pubblici ad Amsterdam

Tutti i trasporti interni ai Paesi Bassi possono venire pianificati su un sito geniale (http://www.9292ov.nl/). Si può inserire addirittura l'orario di partenza o di arrivo e ti dice precisamente a che ora partire, come camminare, ecc. Solo che è in olandese.

Allora sarà bene che ve lo spieghi passo passo. Sulla colonna azzurra a sinistra avete l'OV Planner.
Sotto tre campi da riempire alla voce Van, che significa "da" e ci mettete l'indirizzo di partenza.
Questo può essere un indirizzo:

Straat = via
Huisnr = numero civico
Plaats = località

Il primo campo in alto però vi offre l'opzione di cercare non con un indirizzo (e chi lo conosce l'indirizzo dell'aeroporto?) ma con una tipologia di posto. Lo indica la scritta: zoek anders, che schiacciata vi offre la scelta tra (indico quelli che possono essere più utili):
Postcode = codice postale (che, lo ricordo, in Olanda insieme al numero civico basta per individuare un indirizzo, la via manco serve)
Congres/beursgebouw = Centro congressuale o fieristico
Museum = museo
Schaatstoertochten = tour e gare di pattinaggio
Strand = spiaggia
Vliegveld/veerhaven = aeroporto/porto traghetti
Ziekenhuis = ospedale

Poi segue la sezione Naar che indica il punto di destinazione e i campi da riempire sono identici.

Infine il momento in cui avviene il viaggio, con le sezioni:
Datum = data
Tijd = orario
Vertrek = partenza
Aankomst = arrivo.

Riempite tutto e schiacciate il bottone: geef reisadvies.

Vi compare uno schema con tutte le informazioni: a che ora uscire di casa, quanti minuti camminare (lopen) che mezzo prendere, se è un treno anche il binario e la destinazione finale, dove scendere a che ora prendere il mezzo successivo, insomma, tutto.

In cima invece ci sono una serie di alternative con l'ora di partenza, quella di arrivo e il tempo di viaggio. Se ne cliccate un'altra, vi compare lo schema dettagliato relativo.

Con questo sito si può fare molto di più, in fondo ti indicano anche i prezzi, se ci sono evntuali deviazioni o ritardi, ma in genere questo basta per cominicare.

Poi per i ritardi imprevisti, gli incidenti di percorso ed altro, ci si affida alla sorte.

La guerra del taxi

***in fondo al pezzo un paragrafo utile sul trasporto Amsterdam-aeroporto***

Il 1 gennaio 2000 è cambiata una legge sul trasporto delle persone che nei fatti era una deregolarizzazione delle licenze per i taxi. Questo ha scatenato la cosiddetta guerra dei taxi. Autisti delle due grandi centrali, TCA e TaxiDirekt, in particolare i primi nei confronti dei secondi, hanno iniziato a fare le tammurriate nere. Battaglie con il cric in mano, due tassisti TCA che tamponavano il collega, scene da tregenda, a cui comune, polizia e tutta una serie di piattaforme apposite hanno messo mano.

Alla fine le licenze sono comunque aumentate, i tassisti anche, non si poteva salire un taxi nei 2-3 anni successivi senza sentirsi una geremiade su come era peggiorato il settore, con tassisti che a malapena parlano olandese, o non conoscono le strade ecc.

In provincia uguale, con la differenza che lì i tassisti in genere erano bianchi e di mezza età e ti cominciavano subito con le pippe sugli stranieri approfittatori che mandano il paese in rovina e noi a pagar tasse per mantenerli, spesso ignorando il fatto che aveva in macchina un gruppo di stranieri benvestiti che gli facevano fare percorsi lunghissimi, tanto erano in conto spese.

Insomma, io per anni ho evitato i taxi, se potevo farne a meno. Da quando ho i figli, con i tempi più tirati che mai e a volte non posso fare diversamente, o forse potrei, ma mi costa una quantità di energia spropositata, ho ricominicato a prender taxi in città spesso e volentieri e non ho mai avuto mezzo problema con tassisti. Carucci, un paio ce li ho sul telefonino per le situazioni di emergenza, ma è passato quel periodo e insomma, pare la deregulation abbia funzionato.

Ha funzionato tanto bene che un paio di volte, in cui andavo a lavorare nelle ore di punta dei mezzi, che uscivo dalla stazione dal lato dei taxi, pioveva e non avevo voglia di attraversare mezzo cantiere (la stazione è un cantiere da un bel po' e non accenna a finire) e magari ero sul filo del ritardo, se tentavo di prendere un taxi dalla doppia fila in stazione mi vedevo dei minuetti del tipo:

"No signora, deve andare dal collega, c'è prima lui"
io andavo quei 10 mt. più in là, cercavo di capire chi fosse l'autista in questione, che a sua volta mi rimandava da un altro,
"No, tocca a lui"
e dopo un paio di passaggi a quel punto io facevo l'italico gesto del mavaà buttando una mano verso la spalla con il gomito in basso, dicendomi, ma arrangiatevi, e mi dirigevo a passo deciso verso il tram, e a quel punto il controllore (si, ne hanno uno che sta lì a controllare le precedenze, un vero ciambellano di corte) mi chiedeva

"Signora c'è un problema"
"No è che ho fretta e se devo passeggiare 5 minuti tra una tassista e l'altro faccio davvero prima ad andare in tram" al che il controllore mi installava manu militari sul primo taxi e per strada il tassista si scusava: "Sa, è che nessuno vuol fare torto agli altri".

Poi esiste il Tomtom, quindi tassisti che si perdono perchè non conoscono le strade, non ce ne sono più. Rimane comunque il fatto che almeno la metà delle licenze rilasciate nei Paesi Bassi riguarda la zona Amsterdam e dintorni, che ha un sistema tariffario che io trovo sensato.

La tariffa base è di € 7,50 e il tassametro riparte dopo 2 km. Quindi sai che per le distanze brevi in città paghi comunque la tariffa base e pace, il tassista non si muove per niente e non perde il posto nella fila per pochi soldi, e io che sono una donna di mondo, se prendo un taxi dalla fermata quando c'è ressa dò in genere la mancia e mi faccio fare sempre lo scontrino.

Certo, le storie sui tassisti che fanno fare giri assurdi ai turisti per portarli 400 mt. più in là si sentono, come no. Ma io mi ritenevo abbastanza streetwise da poter prendere il taxi. Adesso ci sto ripensando. Ieri ho avuto la mia personalissima guerra del taxi.

Ieri arrivo in traghetto e bici alla stazione centrale, devo tutto sommato fare una distranza breve per arrivare dai miei clienti come interprete per una conferenza stampa, ma le ruote sono sgonfie, le luci non funzionano e a volte multano e invece di arrivare affannata, sudata e scarmigliata, decido di prendere un taxi.

Vado al primo della fila in stazione. "Costa €15 tariffa zona."
Vado ad informarmi dalla signora spartitraffico se dal 1 gennaio hanno cambiato le tariffe.
"No, è il cliente che può scegliere tra la tariffa zona e il tassametro".
Torno dal reprobo. Che poi non sta sul taxi, ma a chiacchierare per fatti suoi sotto la pensilina, che già questo, se sei il primo, mi dà il senso di vogliadilavoraresaltamiaddosso.
"Io voglio il tassametro."
"Non lo faccio".

Vado dal secondo tassista (lui si che sta nel taxi). Niente problemi col tassametro, ma non può passare avanti al primo. Torno dal primo e cerco di ragionarci. Quanti minuti sono, che ce li ho contati, che mi fa perdere questo qui?
"E allora venga con il poliziotto".

Il poliziotto lo aveva già consultato prima la signora spartitraffico. Adesso lo cerco e lo trovo proprio di fianco alla mia bici. Io a questo punto decido che non torno indietro né a dare i soldi a quello stronzo e manco per leggergli il numero e fare reclamo. Non ho più tempo e sono in ritardo.

"Senta, il primo tassista sta bloccando tutta la fila colleghi così e così. Io ho fretta e già ci ho perso tempo, quindi vado in bici, ma lei intanto è al corrente".
Sono arrivata pelo pelo e sudata e scarmigliata, ma senza multa per le luci.

"Oh," mi fa a tavola una signora bionda fine e delicata, poco più giovane di mia mamma, con la vocina dolce "io l'anno scorso in un taxi sono venuta alle mani".

Stava all'una di notte, dopo un volo disastroso, ad aspettare per mezz'ora un taxi, e nel momento in cui arriva questo carica tre ragazzi ubriachi. Lei dice al tassista che c'era prima lei, lui finge di non averla vista. Lei apre lo sportello, trascina fuori uno dei ragazzi, si incazza con il tassista, butta fuori gli altri due, poi lui cerca di fare il furbo sul percorso, lei gli fa presente che conosce benissimo la strada e di non fare il bischero.

"Ok, si arrende il tassista, ho capito che lei è un tipo che non scherza".
Le punizioni corporali, altro che storie.

Consigli pratici
Amsterdam è splendidamente collegata in treno all'aeroporto di Schiphol, quindi se avete un albergo in centro o vicino alla stazione, prendete il treno. E prendete soprattutto il treno al ritorno se siete un pelo in ritardo, perché i controlli di sicurezza a Schiphol prendono tempo e l'autostrada è di solito spaventosamente intasata. rischiate di perdere l'aereo, a volerci andare in taxi a tutti i costi. Il binario, quando scendete, si trova sotto l'aerostazione, con una scala mobile siete su ed è meno distanza che entrare dal parcheggio delle auto o dei taxi.

I grandi alberghi comunque hanno tutti la navetta da Schiphol, in genere gratis o a un prezzo ragionevole, intorno ai € 7. Informatevi alla prenotazione e altrimenti chiedetegli con che tram arrivare.

La comodità del taxi ad Amsterdam è fuori dalle ore di punta in centro (dalle 9.30 alle 15.30 circa, per star larghi) e per quei percorsi che sono lontani dalle linee di trasporto pubblico. Per i canali, dalla stazione parte un minibus che si chiama opStapper, che per € 1 vi fa scendere dove volete, quando ci arriva nel corso del suo giro.

Se invece arrivate a Schiphol e dovete andare ad Amstelveen, rischiate rifiutino che è troppo vicina. In tal caso conviene aspettare un taxi della Amstelveen Taxi Centrale, che non hanno problemi e costano meno.

Tutti gli alberghi intorno a Schiphol/Hoofddorp hanno la navetta gratis avanti ai taxi. Io a volte la uso indebitamente se devo andare in qualche azienda che so sta vicino ad un albergo, puramente per la semplicità di non dover discutere con i tassisti. In tal caso dò la mancia all'autista, per sentirmi in pace con la coscienza.

Per tutte le altre cose, nel prossimo post vi spiego un planner per i trasporti pubblici.