giovedì 29 aprile 2010

Novità su "Statale 17" (blog, FB e altro)

Allora, non ricordo se l'ho detto, ma arriva una ristampa, supernecessaria adesso che l'altroieri a Groningen sono andate nel mondo le ultime copie di Statale 17 (ed ho ordini per almeno altre 10).

Ho quindi pensato di fare un blog a parte in cui raccogliere non solo l'archivio foto e video delle varie presentazioni, visto che sono disordinata (e si sa) e soprattutto la sfiga telematica che mi perseguita. Piano piano metterò tutto lì.

L'altra cosa che mi piacerebbe è se il blog (e/o la pagina Facebook, perché già che c'ero ho fatto anche quella) diventasse uno spazio per chi ha letto il libro (e in particolare per tutte quelle persone che mi hanno detto, scritto e telefonato cose bellissime) per aggiungere le proprie idee, commenti, recensioni. Per gli amici abruzzesi all'estero che vengono giù meno spesso di me e che ogni tanto vogliono vedere cosa succede. Per scriverci sopra quando torno in Abruzzo, che ogni volta mi carico di impressioni che poi mi tengo, perché quanto posso scrivere in fondo sull'Abruzzo? (Mai abbastanza se date retta a me).

Io un blog del genere ce l'avevo in inglese (ce l'ho ancora, ma lo aggiorno poco), ma mi rendo conto che scrivere in italiano mi viene molto meglio, farlo in altre lingue mi costringe a pensare e lavorare e quindi per come vivo io il blog, mi manca l'immediatezza.

Ho da sempre avuto fortissima la certezza che quello che ho scritto con Statale 17 non mi sia mai veramente appartenuto, mi sono limitata a fare da catalizzatore/contenitore di storie, profumi, paesaggi, esperienze, personaggi che da sempre vanno in giro.

Me lo sono confermata quando ho letto il testo di Domà e ho visto che in fondo avrei potuto scriverlo io in grossa parte (e l'ho pure scritto). Quando ho letto alcuni commenti, altri resoconti dopo il terremoto, alcuni pubblici ed altri privati.

Quando ho esposto le mie perplessità sulla legittimità di quello che stavo facendo a Stefano, un caro amico di gioventù che come me è cresciuto sulla costa e però è originario di Barisciano, e lui mi ha scritto cos'era la sua Statale 17 ed era esattamente la mia.

Il profuno della savetrejje che calpesti quando esci dalla strada battuta e cammini sull'erba avara e pelosa di questo terreno duro e sassoso.

Statale 17 in fondo è un evento corale, un luogo dello spirito per chi ci è stato e un invito per chi ci deve ancora andare. E mi sembrava giusto darle quindi una collocazione specifica che non si perdesse nel mio blabla quotidiano che conoscete così bene.

Insomma adesso sta qui.

Che per intero si legge come www.ss17storieminimetransumanti.blogspot.com

E con quasi lo stesso nome sta su facebook, per quelli che facebookkano. E FB con tutti i limiti, le perplessità, gli schiavismi e le antipatie che suscita, rispetto al blog ha questo, che è aperto e ognuno ci può aggiungere del suo. Ed è quel vostro, che mi interessa tenere tutto insieme.

martedì 27 aprile 2010

Topo-logia di Amsterdam

Allora, scommetto che ad andare a spasso per Amsterdam e guardarvi vetrine e finestre, li avete visti, quei bei gattoni appollaiati sul davanzale senza un pensiero al mondo. Li trovi nel caffé dietro l'angolo, in casa della vicina, sparapanzati nella vetrina di un negozio di robine vintage, questi gattoni nordici grassi, pelosi e pigri. Per strada mai, no, ma nei giardini interni sempre, fanno le poste agli uccelli, ti entrano in casa, ti fanno la cacca sulle peonie.

Ecco. Quando il gatto non c'è i topi ballano, pure ad Amsterdam. Perché la dannazione delle case vecchie di Amsterdam (non quelle prefabbricate con i lastroni di cemento, dico proprio quelle belle, storiche, magari in stile Amsterdamse school o simili) sono gli intercapedini di tavole tra soffitto e pavimento soprastante. Magari isolati, all'epoca della costruzione, con paglia o lana.

Lì i topi abbondano (fossi un topo mi ci piazzerei pure io) e tocca mettersi un gatto in casa. Un bel gatto, autonomo, gli fai la porticina in balcone o in giardino e vai. Più gestibile di un cane, morbido e coccoloso per le serate invernali e la sua sola presenza fa da deterrente a qualsiasi topo con un po' di sale in zucca.

Ecco.

Il capo e Ennio sono allergici, altrimenti un gatto, proprio per la gestibilità, me lo sarei presa volentierissimo in casa.

E invece qui siamo circondati.

Tempo fa, facevamo del giardinaggio ed avevo chiesto ad Ennio di prendere il secchio che avevo pronto e annaffiare delle piantine appena interate.

"C'è un topo dentro".
"Aaargh, lascia, non toccare, entra in casa aspettiamo che torna papà".
"Ma è morto".
"Appunto".

Poi uno si chiede perché i miei progetti di giardinaggio vadano così a rilento.

Passa un giorno e nulla da fare, ho fatto un buco in giardino per interrare le piante intanto che era luna crescente, che quelle che ho messo con la luna calante non danno cenni di vita, l'abbiamo annaffiato al topo, spero che vengano delle belle peonie prima o poi. Il topo non era neanche riconoscibile, in mezzo al fanghetto sul fondo del secchio, era proprio uno di quei topini grigi piccoli.

Teneri, in fondo, basta che non debba vederli che mi fanno impressione persino loro. E tremo al momento che i figli mi metteranno un criceto in casa (criceto? Loro si prenderebbero direttamente il ratto, come la zia, baargh!!!!).

Ma che tté fà na poooora mammme?

Poi stamattina presto, il capo che è mattiniero, mi comunica di averne visti tre in cucina stanotte. Rimuovo e mi riaddormento.

"Hai sentito stamattina quando ti ho detto dei topi?"
"Ho sentito, ho sentito".
"No, perché se sono tre magari c'è anche una coppia e stanno facendo il nido".

Ora.
È primavera.
Segliatevi bambine.
Le api, gli uccellini, le gemme che sbocciano.
Ma il nido dei topini teneri sotto la mia credenza NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO.

Per fortuna stasera dormo fuori, venerdì me ne vado fino al 18 maggio e nel frattempo le trappole che metterà il capo se le svuota lui.

Che improvvisamente mi sto ricordando perché è così bello avere un uomo in casa.

Topi, siete avvertiti, levatevi di torno spontaneamente o rimetto un secchio pieno d'acqua in mezzo alla stanza.

lunedì 26 aprile 2010

Domani sera a Groningen e altre date da annotarsi su Statale 17



In attesa della ristampa che esce a giorni, domani sera sono a Groningen a presentare Statale 17, storie minime transumanti a una serata dedicata all'Abruzzo organizzata dalla Dante Alighieri di Groningen. Il ricavato della serata andrà a una biblioteca scolastica e di quartiere.

Ci sarà inoltre un banchetto in cui comprare le ultime 8 copie della prima edizione, altri titoli di Exòrma, i nocci atterrati con la ricetta di zia Vittoria, i preparati per risotti ai funghi di Marina e se la pasta madre di Nico non mi tradisce, la focaccia di Gisa.

La serata si svolge nella sede della facolta di Lettere e Legge (la vecchia facoltà del capo e per un po' anche mia) in Harmoniegebouw, Oude Kijk in 't Jatstraat, chiedere al portiere, ingresso € 10 per i non soci.

Ci saranno anche una conferenza di Maaike Dicke su Silone e altri relatori.

Il 4 scendiamo in Abruzzo io e gli gnorpoli e ci raggiunge mia madre. Le date già fissate per incontrarsi con i lettori saranno:

- 7 maggio, Sulmona, Sede della Comunità Montana, con concerto dei Discanto che ringrazio per aver organizzato la serata e aver accettato di accompagnarmi nelle altre date.'
- 8 maggio, L'Aquila, libreria Colacchi al centro commerciale, sempre con i Discanto
- 9 maggio, ore 15, Faenza, Festival Musica nelle aie, grazie a Silvia
- 10 maggio, Giustino Parisse mi ha initata alla festa di Onna
- 15 maggio, a Bologna, per merito dell'Officina Letteraria Senso Lato con concerto di Irumamuri
- 29 maggio, ore 18, Lille, presso la Librairie International VO.

Meno male che ho tante zie ovunque che mi ospitano in questi miei hobby complicati e costosi. Così spero di voi e spero anche di vedervi, se siete nei paraggi, a una di queste date.

domenica 25 aprile 2010

Del maschio italiano e di quello olandese

Ora, uno dice, che ce ne frega della tua opinione sul maschio italiano, visto che ti sei ben guardata da associarne uno ai tuoi destini?

Eh, lo so, io ho passato gli anni migliori della mia giovinezza a cercare di capire se ce n'era uno che facesse per me. Alla fine ho lasciato perdere prima che i migliori anni della mia giovinezza sfumassero e ho cercato altrove, trovando, anche.
(Se consola, ho sempre saputo dalla più tenera giovinezza che io un maschio polacco col cavolo che l'avrei voluto. Anche se sembravano l'ottima via di mezzo, ti fanno il baciamano e lavano i piatti). Questione di gusti.

Però appunto, magari vi fidate per lo sguardo da ricercatrice spassionata. E la comparatistica a volte è utile.

Del maschio italiano non rimpiango quei momenti di intimità al desco familiare in cui lui osserva: manca il pane, e lei si alza per prenderlo. (Non rimpiango in quei momenti manco la femmina italiana se è per questo).

Del maschio olandese (e ne ho tre) mi manca che non tirano tardi al desco familiare, ma mangiano, sparecchiano e mi abbandonano per tornare alle loro cose. (Che poi sia io una volta su quattro che li abbandono a metà pasto perché me ne devo andare e ho fatto solo il tanto di cucinare e fare atto di presenza simbolica, questo fa parte della differenza tra idea e azione).

Il maschio olandese, ho chiesto in giro, è una soddisfazione sposarselo per il suo coté mamma. È affidabile, presente quando serve e si fa prima a convincerlo che i lavori in casa vanno divisi equamente. Mantiene le promesse. Certo, quando il bambino all'asilo si spacca la testa chiamano prima te che sei la mamma, ma le maestre sono pure femmine.

Il maschio olandese non guarda apertamente il culo delle donne per strada, ma a domanda risponde e così capisci che li ha visti tutti. Come faccia non lo so, ma è tranquillizzante.

Per esempio vi racconto un mio trauma personale: una coppia di amici sono tornati a trovarci e in cucina lei ha rivelato alle femmine li presenti a mescolare il risotto che per gioco e per festeggiare i 25 anni insieme si era fatta appena rifare il seno. Certo, era una cosa discretisima, mezza misura al massimo, poi questa donna è sempre andata in giro infagottata in maglioni, quindi io manco ci avevo fatto caso.

E dirò di più ero una via di mezzo tra esilarata, ammirata e sconvolta, oltre a dirmi che io, mai. E in questo spirito riferisco a lui incredula e lui mi fa pensoso: ma dai, ecco perché mi sembrava che fosse un po' diversa. Capito il bastardo? non solo le guarda le tette adesso, ma implicitamente ammette di averlo fatto pure due anni fa. Dico la verità, questo ha fatto un po' vacillare alcuni miei saldi fondamenti. Vero è che lui quest'episodio manco se lo ricorda.

Aveva ragione Flora: j'ome è sembre j'ome.

Ecco, però io che da una vita ho il complesso non guardatemi-non toccatemi, vivere in Olanda mi ha da un certo punto di vista rilassata proprio per questo non-sguardo dei maschi, che dio li benedica, lo farei per quanto mi riguarda dichiarare patrimonio universale dall'UNESCO.

Poi specie adesso che con il 21 aprile, giorno delle gonnelle perché arriva primavera e le femmine qui si scoprono per reintegrare le scorte di vitamina di D al primo sole di aprile, ci si comincia lentamente a spogliare, ecco, persino io mi sento a mio agio. Con il risultato che poi rieco serenamente a girare a chiappe al vento persino in Italia, almeno a mare.

Poi ieri sera ho scoperto come l'amica Anna avesse ragione. Che per anni ha sostenuto che è vero, gli italiani per certi aspetti meglio perderli che trovarli, tranne per una cosa: sono premurosi.

Non nel senso materno del termine, dioneliberi. Però dopo averti fatta sgobbare come un cammello, ti fanno una coccola, ti chiedono come va, se sei stanca, se stai bene con un certo tono, che, scusatemi, l'olandese, manco se va trent'anni dalla logopedista riuscirà a imitare.

Cn un tono che in qualche modo implica che in quel momento l'unica cosa che conta nella vita sei tu e il tuo eventuale disagio da cui, niente paura, ci sono loro e a tutto bene. Un tono che in qualche modo ti ci fa credere, che è vero e andrà tutto bene.

Questo mi sgorga da un'osservazione empirica di una coppia che conosco poco e che recentemente prima li ho visti tempo fa in società senza manco sapere che stavano insieme, ma mi era venuto il dubbio da come lui la trattasse da zerbino mentre con gli altri era tutto un'affabile padrone di casa.

E io mi chiedevo: quand'è che lei lo manda al diavolo? chi glielo fa fare?

Poi li ho rivisti ieri, sempre nel dubbio ma stanno insieme o no. E in un momento di silenzio lui le si siede accanto, le chiede con quel tono: come stai, lei si rilassa visibilmente e lui le mette una mano sul ginocchio come coccola. Teneri, non so come dirlo. OK, stanno insieme ed evidentemente ci stanno pure bene.

Adesso comincio a capire.

Però, che dire, a ciascuno il suo.

sabato 24 aprile 2010

Lezioni di nuoto e di galleggiamento

Primo pomeriggio
"Orso, oggi hai la prima lezione di nuoto così il maestro può capire in che gruppo devi andare. Mi raccomando, fai del tuo meglio".

Pomeriggio avanzato
"Mamma, mamma, guarda c'è Orso, lì nell'angolo".

Lo vedo al volo da dietro al finestrone del bar, è il più bianco di tutti. Ce n'è anche un'altro, ma è biondo. saltella nell'acqua che gli arriva al petto. Si vede che lo hanno tolto dalla piscina piccola e l'hanno fatto venire in quella grande.

Sera
"E allora com'è andata la prima lezione di Orso?"
"Ha deciso di fare del suo peggio e ci è riuscito benissimo".

Ragazzi, non so voi, a me sta per venire il complesso delle lezioni di nuoto. Che qui ci sono prima i tre livelli di sopravvivenza A, B, C, con liste d'attesa strapiene e io ancora non capisco il meccanismo.

Per fortuna santasuocera si è autonominata custode della sopravvivenza da affogamento dei nipoti e durante le vacanze che trascorrevano da lei ha organizzato lezioni di nuoto che hanno portato Ennio al B e adesso tutti i giovedì va alla piscina vicino casa con enorme gioia per seguire il C. In genere arriviamo sempre di corsa e affannati e all'ultimo minuto, ma va.

Però adesso che è bel tempo usciamo prima, attraversiamo il parco in bici e ci fermiamo a giocare. E una volta Ennio ci è andato da solo, sempre costeggiando il parco, che è una via tranquillissima e con il limite a 30 e non deve attraversare neanche una volta. E a me fanno bene questi piccoli esercizi di indipendenza anche se 10 minuti dopo siamo arrivati pure noi e sono scappata subito a vedere se era in acqua, c'era.

Lui arriva, si tuffa, raggiunge in men che non si dica il resto del gruppo che sta già oltre la metà della vasca e al ritorno è il secondo e si rigira e torna indietro finché il maestro non gli dà altro da fare.

Orso, invece. A lui piacerebbe pure andare in piscina, e ci va. Ma gli piace giocare in quella piccola e calda, andare sott'acqua e attraversare gli archetti, raccogliere oggetti dal fondo e riportarteli su. Fare qualche tuffetto cauto dal bordo, volendo anche dove non si tocca, ma se lo teniamo per mano meglio. Discipina, lezioni, dare retta al maestro? Ma quando mai.

E poi ha deciso che a lui piace andare in piscina dalla nonna e che questa piscina qui è troppo grande per i suoi gusti. Quindi.

"Ma lei non mi ha detto che non ha il diploma A, non sa fare nulla" fa il cordinatore severo.
"Cosa devo dirle, sta a metà, ha preso un diploma in Italia, poi ha fatto lezioni private in Drenthe, con la sua collega si era detto apposta che oggi provava così potevate dirci a che livello sta".
"Non ha il diploma e non ha la tessera, e comunque non sa fare niente".

Quanto antipatico ti può stare uno così, core di mamma? Mai quanto il figlio reprobo.

"Si signora", mi fa la tipa arcigno-gentile alla cassa, "si potrebbe anche farlo testare e metterlo a uno dei livelli più avnzati dell'A fino a che non fa l'esame, ma non sono sicura di volerlo fare per lei, con tutti questi trucchetti che sta provando".
"Quali trucchetti scusi?"
"Lei lo ha iscritto al B prima ancora che avesse l'A".
(Ma non ne abbiamo parlato con lei o la sua collega? perché io in queste situazioni mi impappino e mi faccio venire il dubbio che è colpa mia? Faccio trucchetti, sono una persona ignobile in effetti).

No, non ci reisco più a ricordarmelo il cavolo che avevo discusso con la collega, che sembra oltretutto la sua sorella gemella e ci ho messo un po' a capire che era un'altra, e la gente dietro di me che sta portando ragazzini per la lezione successiva.

"Senta, come ne possiamo parlare con calma? Lei adesso ha gente ma mica posso continuare a farlo diplomare in un'altra provincia tra una vacanza e l'altra, l'ideale sarebbe che lo prendesse qui il diploma, ma farlo ricominciare da capo?"

"Ne parlo internamente e la chiamiamo lunedi sera".

Pure il capo, a ragione, dice che in effetti non è che io abbia comunicato al meglio in questa situazione. Però io con figlio uno ho fatto uguale e ha funzionato.

Ovvero: iscritti entrambi al gruppo A da quasi un anno, poi Ennio lo chiamano per il corso B quando il diploma lo aveva già, passato d'ufficio al C e quindi con fratello appresso spostato da A a B. Io tra maggio e giugno ero quasi sicura che di weekend lungo in weekend tra un po' 'sto A lo prendeva.

Ma mi arriva la convocazione per il B adesso. E ci sono andata a parlare, perché che fai, dopo tutti questi mesi butti via un posto? Non sia mai. E si è deciso di farlo provare.

"Io materialmente il diploma A non posso darglielo, ha solo quello italiano, cosa faccio, aspettiamo che lo prenda?"
"Ma senta, facciamolo decidere al maestro, magari ce la fa, lei intanto lo porti la settimana prossima per la prima lezione".

E ce l'ho portato. Ma dove lo porti Orso, quando lui ha deciso che da qualche parte non ci vuole andare? Intanto mi arrendo, adesso è tutto in sospeso, alla prossima che mi fa lo affogo con queste mani.

Io mi sento spaventosamente cretina per la figura in piscina, ma anche incazzata con questi che non mi stanno a sentie, anche se poi sono io che comunico male, vallo a sapere.

Però intanto ieri mi sono decisa e sono andata a parlare con la psicologa, italiana oltretutto che secondo me mi semplifica la vita, e che ho conosciuto 15 anni fa ma ci siamo frequentate sempre poco. Ho buttato fuori di tutto e anche questo senso di sentirmi cretina e attaccata e infelice mi sembra un ottimo punto di partenza.

Poi che si nuoti o meno, l'importante è galleggiare sulla vita, che io mi senta un po' più in pace con il mondo, via. La mia teoria è che se sto bene io stanno meglio tutti in famiglia. Chissà, magari Orso si mette persino magicamente a nuotare.

A me però un salvagente non farebbe male.

giovedì 22 aprile 2010

63 musicisti aquilani per: DOMÀ (e fatela girare)



Eccola qua, sono un paio di mesi che la stiamo aspettando e ieri è stata presentata all'Aquila (ci sono dei video in giro). Se vi siete letti Statale 17 la maggior parte delle allusioni da insider le capite, ma per chi non l'ha fatto aggiungo traduzione ragionata (la finisco stasera, ma intanto ve la pubblico). Fatela girare, è gratis, è stata un'occasione per riunire artisti aquilani sparsi in giro e se in questo anno avete creduto ai telegiornali, eccovi una versione da persone informate dei fatti. Sul sito potete anche scaricarvi l'audio da mettere su I-pod, brandare ecc.


DOMA’

Tra Pettino e Camarda passa la faglia di tutti
coju radon de jorno ji massera nn dormo
Con il radon di giorno stasera non dormo.
Addò vajo a finì domà
Dove vado a finire domani?
Do vajo?
Dove vado?

Tra la tenda e ju mare mò tengo casa a Pagliare
Tra la tenda e il mare adesso ho casa a Pagliare (a 8 km. dal centro)
na coppa de piastra messa là a dondolare
Una coppa (unità di misura agricola) di piastra (antisismica su cui hanno ricostruito le CASE)
nanzi a na strada infinita
davanti a una strada infinita
…è na statale
è una statale (Statale 17, mai sentita nominare?)

Dei bai dei
Temè
My jolly goodness graciuos me
old mi ma che sta a dì?
(Stringimi) ma che stai dicendo?
Che sta a dì?
Cosa stai dicendo?
Dice che, te steo a dì, stamme a sentì
Dice che, ti stavo dicendo, mi stai a sentire

Ma domà, domà me tengo rizzà
Ma domani, domani devo alzarmi,
ju tempo passa e ce demo da fa
il tempo passa e ci diamo da fare
Se nn ce ice sfiga
Se abbiamo fortuna
fa na botta da tre
fa una scossa da tre gradi
l’era ittu Giuliani
Giuliani (l'esperto tacciato e denunciato per procurato allarme, poi vai a vedere pare ci avesse azzeccato e adesso l'istituto sismi gli dà pure ragione) l'aveva poi detto
issu ice cuscì
Lui dice così

(RAP)
Dopo 6 mesi de tenda
ji non me reconosco, abituato aju sebac mo’ va bona ogni posto
non mi riconosco, abituato al sebac (che non lo so che cos'è, se qualcuno me lo dice) adesso va bene ogni posto
Ogni scossa che sinti chiami tutti ji parenti, oh ma’ la sci sentita,
Ogni scossa che avverti (e si sono sentite per più di un anno) telefoni a tutta la famiglia, mamma l'hai sentita
ji non so sentito gnienti!
io non ho sentito niente!
la sci sentita era 4 pe mì
L'hai sentita, secondo me era del quarto grado
recomenza domà
ricomincia domani

Da Coppito a San Sisto era tutto n’arrosto
Da Coppito a San Sisto (frazioni e paesini intorno alla città) era tutto un'arrosto
castrato o cottora
castrato o pecora alla cottora (che si fa in paiolo con tremila odori e a fuoco lento, venite quest'estate alla sagra a mangiarla)
come a ferragosto
Addò magnerò domà
Dove mangerò domani (frase ricorrente tra sfollati, pompieri e cucine da campo)
Do magnerò… ‘cazzo ne so
Dove mangerò, lo ignoro

(CORO)
Toooorrooooh Toooorrooooh Toooorrooooh

(RAP)
Dove berrò domani coju centro invaso daji topi e daji cani,
Dove berrò domani con il centro invaso di topi e dai cani (entrati illegalmente, ovviamente in quanto ricordo che il centro è zona rossa come qui ad Amsterdam, ma in più è transennato),
se vedemo domani a piazza palazzo colla callarella mani
ci vediamo domani a Piazza Palazzo con il secchio da muratore in mano
Tra ji monti e ju mare torneremo a nuotare
Tra i monti e il mare torneremo a nuotare
e ju casello non me lo fa pagare
e non farmi pagare l'autostrada (come promesso a chi prima è stato deportato sulla costa, poi magari doveva fare avanti e indietro tutti i giorni per lavorare, dai 100 ai 150 km. a tratta, ma poi c'è stato un periodo in cui per farsi rinnovare la tessera o rimborsare c'era tutta una procedura kafkiana, d'altronde cosa vuoi, con la gestione militarizzata dell'emergenza cara grazia che a chi stava nella tendopoli di Piazza d'Armi non gli abbiano tatuato il codice a barre sulla fronte, specie durante il G8)
ju sfollato ju vidi
vedi lo sfollato sulla costa
domà
domani
non sa che è na prua
cosa sia una prua non lo sa in quanto montanaro, magari sa cos'è una piccozza, per questo che a sentire la prima versione di Domani gli aquilani si sono chiesti se tra mare, prua e maestrale la canzone l'avessero scritta per Pescara o per L'Aquila, da cui l'idea del testo presente)
Auà cullù è Aquilaaano
Guarda quello (dialetto pescarese, prego notare la differenza con l'aquilano del resto, ma mi sembrava giusto segnalarlo ai non abruzzesi) è aquilano

RAP
Ji so dell’Aquila e manco ju meteo sapea addò stea
Io sono dell'Aquila e neanche le previsioni del tempo sapevano bene dove fosse, che alle minime veniva dopo Bolzano, (ma questa ve l'ho spiegata in Statale 17, ve lo ricordate, vero? Attenti che vi interrogo)
mo lo sa pure Obama lo sa l’Unione Europea
adesso lo sa anche Obama e lo sa l'Unione Europea (anche se poi i monumenti che avevano promesso di adottare non l'hanno più fatto, che un restauro costa soldi)
Lo sanno quiji che pe tempu se so fatti ji conti
lo sanno quelli che in tempo utile hanno fatto i conti (ricordate, vero, le intercettazioni della stampa e della magistratura comuniste, di quelli che pagavano massaggi brasiliani all'uccello da mille euro in cambio di una parola buona per poter vendere persino gli strofinacci a chi andava nelle C.A.S.E., che a me verrebbe da pensare che uno che per dei mesi è stato con addosso le mutande della protezione civile, ma la soddisfazione di mettergli 100 euro in mano e fargli comprare le mappine e i bicchieri che preferisce no, eh? non era più semplice? magari si ma non ci poteva speculare nessuno)
e mentre contavamo i morti issi conteano i sordi
e mentre noi contavamo i morti loro stavano a contare i soldi

Ma almeno casa te la tè?
Ma almeno casa tua ce l'hai ancora?
Sci ma è E ma è e ti?
Si, ma è stata classificata classe E ovvero danni strutturali e inagibile, manco la soddisfazione di andare a chiudere una finestra o far andare il tuo muratore, e tu?
è B
è B (che culo, solo che manco quei danni lievi lì sono stati capaci di rimborsare entro settembre come promesso, settembre 2009 intendo, così la gente o ci è rientrata per conto suo con il fornelletto da campeggio, visto che il gas non c'è o sta ancora in mezzo a una strada che non è che sia gratis manco quello come sistemazione ideale)

E sci, E no, E mò?
eh si, eh no, e adesso?
Eh boh non me la hanno data quella de Berluscò,
Non so, poi quella di Berlusconi che lui aveva messo a disposizione mica me l'hanno data, chissà perché
Madò
Santa dei genitrix orapronobis (mica mentivo quando vi dicevo che io il rosario l'ho imparato in latino direttamente? A me il cardinal Lefebre mi fa un baffo)
Stengo ancora sulla costa, ma vabbò…
Sto ancora sulla costa, ma in fondo come ci ha detto subito il nostro amato presidente del consiglio, quello che all'annivrsario l'ha fischiato tutta piazza Duomo, ma hanno detto che erano solo quattro facinorosi isolati, d'altronde inutile che uno vota a sinistra all'Aquila se poi il resto della provincia in particolare quegli infamoni di marsicani fanno il contrappeso a destra, cosa vuoi che sia, fingo di essere in vacanza, un lungo campeggio, diciamolo

Oh mo ecco sinti quello che te ice sta gente
E adesso ascolta cosa ti dice questa gente
Coju Gran Sassu a nu passu che ce brilla ju sole
Con il Gran Sasso a un passo con il sole che riverbera sulla neve
E pure a noialtri ce se scalla ju core
E pure a noi ci si scalda il cuore, almeno quello perché invece in tenda dopo l'estate si sta con il culo al gelo

Quatrani e quadrane
Boys and girls
nu non semo cuscì soli
noi non siamo così soli
so chiù ji volontari che nu
i volontari, dio li benedica a prescindere, sono molti più di noi, ma se quel po' camere in affitto rimaste in piedi nei dintorni invece di tenerle occupate dalla Protezione Civile, non ci potevano mettere noi invece che deportarci sulla costa e farci sfiancare di chilometri ogni giorno per andare all'Aquila o Avezzano, e isolarci, che per fare un minimo di manifestazione e per incontrarci ci siamo dovuti inventare le domeniche delle carriole, ah, già, è vero, non sia mai la gente si veda, parli, discuta ed eventualmente contesti, pardon, mi rimangio quello che ho detto, però ribadisco che a livello di logistica, no, un po' di tempi metodi e ottimizzazioni nel corso dell'organizzazione dei grandi eventi non l'avete mai studiata? pare proprio di no
non semo cuscì soli
non siamo così soli
ma sci visti gli clown quanti so’?
Ma avete visto quanti clown ci hanno mandato per farci riprendere dalla sindrome da stress posttraumatico, cavolo, gia mi rassereno, che bello, sto bene, sono felice, viva Silvio e viva Guiduccio che ci hanno fatto tanti regali perché loro si che sono buoni
mo semo quasci soli
adesso siamo quasi soli, i soldi sono finiti, la PC se n'è andata, finalmente possiamo far festa per fatti nostri, toh, ci inventiamo una canzone, quale canzone, ma questa (fatela girare, mi raccomando)

Amme na mano a fa sa casetta
Aiutami a fare questa casetta
Nu semo cuscì soli
Non siamo così soli
c’hanno messo in otto entro na stanzetta
ci hanno messi in otto dentro una stanzetta, che bello, più si è più si fa festa
sulla stessa piastra
sulla stessa piastra antisismica costata l'ira di dio che pare non serva poi a tanto in caso di sisma, voglio dire, costruire con più cemento e meno sabbia di suo sarebbe bastato, ma già, se i grandi appalti pubblici vanno in mano a imprese legate alla camorra che ti aspetti, è venuto giù tutto ovviamente, compreso il nuovissimo, antisismico Ospedale, e inoltre reggerebbero un palazzo di 10 piani, e allora con tutta la gente da piazzare perché ce ne hanno fatti 3? Ah, già, i disegni di Milano 2che hanno riciclato e adattato non prevedevano in effetti altro

99 rotonde devi attraversare
che non so se ve l'hanno detto ma con la mania di separare il più possibile gli insediamenti nuovi tra loro, e non certo per i vincoi paesaggistici o perché erano terreni alluvionali, hanno fatto anche questa, comunque tutto e tutti sono separati da tutti e tutto e adesso tocca farsi tutto in macchina, il tomtom si confonde e per risolvere hanno messo un mucchio di rotatorie, che ovunque le stanno togliendo nel resto del mondo perché pare incasinino solo la viabilità, ma in fondo da noi la moda è arrivata adesso, e ce le teniamo per un po'
Te se gira la coccia, non sai più dove andare
ti viene il capogiro, non ti orienti più
E pensà che voleo ji a coppito du’
E pensare che volevo andare a Coppito 2
me retrovo a Pagliare
mi ritrovo invece a Pagliare, pensa tu che testa
N’gulo fra che sola!!!
Acciderbolina fratello, che inganno e che equivoco
Doma’ sta già ecco
Doma’ sta già ecco
Domani è già qui, domani è già qui è passato un anno e a Piazza Palazzo se non erano le carriole ancora le macerie ci stavano, per non parlare di piazzetta 9 Martiri e tutto il resto

Ma Giuliani, Giuliani Giuliani lo sa,
Ma Giuliani, Giuliani, Giuliani lo sa e lo sapeva anche quando Bertolaso e i suoi giuravano che i terremoti non si possono prevedere, salvo poi ripensarci adesso che pare, incredibile dictu, che alcuni ricercatori, pensa un po' stanno scoprendo che il radon in effetti ti può dire qualcosa su un upcoming seismic event, ma pensa te che teste fini
lo sa che na scossa la po refà
Lo sa che un'altra scossa può sempre rifarla
E di nuovo Pesciò dice che era da tre
E di nuovo l'amico Pescioni dice che era del terzo grado
l’era ittu Giuliani
Giuliani l'aveva prevista

Ma sul sito ufficiale vai a verificare
Ma poi se vai a verificare sul sito ufficiale, quello che ormai era diventato la startpage di tutti i computer aquilotti
Con na botta deeee….fortuna la puoi azzeccare
Se hai fortuna scopri che ci avevi azzeccato, pensa un po', stai diventando un sismografo vivente
Ma che cazzo de vita co ste sleppe da tre
Ma qualcuno mi sa spiegare che tipo di vita, con queste belle botte del terzo grado che ci sono di continuo, non fai a tempo a mettere in sicurezza da un lato che ti crolla una tegola in testa dall'altro
Recomenza Domaaaaa’
Che può ricominciare domani? No, se qualcuno me lo spiega mi piacerebbe saperlo, eppure 'sti cavolo di quilani sono determinatissimi, poi dici Abruzzo forte e gentili, sono dei coccioni questi, la testardaggine li salverà
Aju boss domà, domà già lo saccio
Alla cantina dal Boss, storica osteria aquilana e quanto sono buone le focaccine con il prosciutto che fanno lì mi sembra di avervelo già detto, ecco lo so che lì domani
Retrovo ji amici co na tazza e n’abbraccio
Ritrovo gli amici con un'ombra, ostregheta, e un abbraccio e vi dico pure che io con gli amici miei ci starò l'8 maggio prossimo, se passate fatevi vedere
E di nuovo ju centro è la vita pe me
E di nuovo il centro, che hanno almeno riaperto il corso e un pezzo di piazza Duomo e ci sono ben due locali aperti, ju Boss predetto e il caffé dei fratelli Nurzia che in mancanza d'altro e in alternativa al centro commerciale L'Aquilone, fanno tanto momento di coesione sociale

Recomenzaaaaa….. DOMAAAAAAAAAAAA’
Ricomincia... domani.

Doma’ so cazzi
Domani, cari, ve la facciamo vedere noi di cosa siamo capaci. Non ci credete?

Last call for M.E.L.M.A.

Così ci siamo arrivati, all'ultima replica della stagione di M.E.L.M.A., e anche se non escludiamo di rimetterla in scena il prossimo anno (e comunque siamo a Rotterdam il 28 maggio per la Dante Alighieri, ma è uno spettacolo riservato ai soli iscritti di Dante Rotterdam).

Insomma, volete approfittarne? Madate subito una mail a info@ondaitaliana.org e presentatevi domani sera alle 20.15 all'Astarotheatro in Sint Janstraat 37, dietro il Dam di fianco al Krasnapolski.



Partecipano: Roberto Bacchilega, Stefano Bocconi, Sebastiano Gentile, Barbara Summa, Silvia Terribili, Marina Vizzinisi.

E cominciate anche a tenervi pronti per il prossimo spettacolo di maggio/giugno: posso solo anticiparvi che si tratta di un dramma pastorale, detto tra di noi in confidenza: l'appecorinamento. Con un testo della sottoscritta, musica dal vivo e altre cose. Un po' il format M.E.L.M.A., ma con odore di stallatico.

martedì 20 aprile 2010

Stasera Radio 3 Suite incontra Radio Onda Italiana

Succede anche questo in radio: il programma di Radio 3 Suite stasera, giovedi e venerdi si occupera di eventing culturali ad Amsterdam.

E siccome stasera con Marina siamo in radio anche noi, ci incroceremo sull' etere e sul web alle 20.15 per un aggiornamento.

Per ascoltarci dalle 20 alle 21: www.salto.nl, cliccare su Wereld FM e poi su LIVE.

Come va

Va bene. Va male. Va meglio. Va.

Un po'di male, un po' di febbre, un po'di nausea, perché io i dolori di cuore specie se condivisi li somatizzo così, ma poi tempo per piangere non ne ho mai. Un po' di voglia di piangere con la coperta in testa ma no c'e tempo. Un po' di medico, un po' di cortisone, una lista di psicologi con due sottolineati, ma avranno liste d'attesa, però sono tanto bravi.

Un po' tanto di corsa, un po' di stress, un po' di chiarimenti al volo consistenti nel fatto che fino a giugno comunque non c'e tempo di chiarire tete a tete. E lo faremo allora e nel frattempo fcciamo come.

Un po' di chisenefrega resto a cena. Un po' di sbronza, un po' di lavoro urgente arretrato. Un po'di letto, domani due giorni di fiera.

E buon Sagrantino Day a tutti, nulla come una sbronzetta professional-informale vero?

lunedì 19 aprile 2010

Giornata mondiale del libro all'Aquila il 23 aprile 2010

Libri come pietre
Incontro con gli scrittori aquilani del terremoto
Una maratona alla scoperta degli scritti di quest'ultimo anno: scrittori, fotografi e blogger che raccontano la città

L'Aquila, 23 aprile 2010, ore 11-19, Piazza Duomo

GIORNATA MONDIALE DEL LIBRO: INTERVENTI (in aggiornamento)

AUTORE LIBRO
Angelo De Nicola Il nostro terremoto
Roberto Grillo-Renato Vitturini Terrae motus ore 3:32 L'Aquila 6 aprile 2009
Samanta Di Persio Ju Tarramutu
Giampaolo Giuliani L'Aquila 2009. La mia verità sul terremoto.
Sara Ciambotti Il terremoto di Sara.
Giuseppe Caporale L'Aquila non è Kabul. Cronaca di una tragedia annunciata.
Giustino Parisse Quant'era bella la mia Onna. Cronache dentro il terremoto.
Paola Aromatario Ricomincio da zero anzi da 3e32
De Nicola Raffaella Polvere d'aprile.
Centofanti Errico La Gran Cornata. Il terremoto dell'Aquila: quello del 6 aprile 2009 e quello del dopo.
Giusi Pitari Trentotto secondi
Carlo De Matteis L’Aquila magnifica citade
Patrizia Tocci La città che voleva volare,
Massimo Gallucci La puntura di Atlante
Anna Maria Giancarli La parola che ricostruisce
(A cura di) De Lellis Marianna,
Adriana Iacono e Francesco Gianino Alice nelle città. Per L'Aquila
(a cura di) Paolo Perna 6 aprile 3:30: i borghi dell’Abruzzo aquilano
Barbara Summa STATALE 17 - Storie minime transumanti
Dante Bellini La mia verità sul terremoto
Nimis Scataglini Le formiche sono più forti del terremoto
Emiliano Dante-Massimiliano
Laurenzi-Valentina Nanni, Terremoto zeronove
Associazione Agorà Barete 3.32 EMOZIONI NEL CRATERE"

Non ci sarò di persona, ma ci saranno Orfeo e Maura. Io quest'estate ho letto Terremoto zeronove, e in particolare mi ha colpita la storia del patto di quattro amici bambini, e poi vecchi.

L'Aquila non era Kabul è il più bello di tutti, mi hanno detto (insieme a Statale 17, mi hanno detto anche questo).

Tutti questi libri, non ci inganniamo cercando il solo valore letterario o documentaristico, hanno comunque una ragione di essere, dovevano essere scritti, hanno dato voce a molti, sono strie individuali diventate universali.

E poi, c'e un motivo migliore del piacere della lettura in sé,per occuparsi di libri?

domenica 18 aprile 2010

Neomamme e neopapà che si perdono la coppia per strada

Disclaimer: prima che qualcuno si preoccupi, voglio dire che quanto segue è una riflessione generale, proprio perché noi la fase bambini piccoli/genitori-coppia alla ricerca del proprio ruolo l'abbiamo fortunatamente superata anche guardando cosa funzionava e cosa no agli amici e conoscenti. ogni tanto la vedo risaltar fuori da altri e davvero mi viene l'idea che ci sia anche qualcosa di fisiologico, poi i figli crescono e i genitori pure e magari ci dimentichiamo.

Tanto tempo fa qualcuno mi scrisse per avere consigli sull'argomento di cui si parla da Silvia-Mammamfelicemente imperfetta. Andatevi a leggere la discussione da lei perché la trovo interessante.

La domanda era, semplicemente: esiste una vita di coppia dopo i figli? e se uno se la perde per strada, cosa fare, come fare? ecco, a quell' epoca, pur avendo io stessa riflettuto molte volte sull'argomento, non mi sentivo in grado di rispondere.

Lo faccio adesso, in modo limitato, ma il fatto è che mi sono venute in mente un paio di cose che è meglio che mi segno.

Il punto è questo: quando noi siamo diventati genitori una coppia che conoscevamo si era appena lasciata, ed erano entrambi originari di due paesi agli antipodi l'uno dell'altro. Mio marito aveva vissuto in modo molto viscerale la situazione di quel padre che improvvisamente aveva perso la quotidianità con i figli.

Lasciamo perdere che quel padre lì specifico meglio perderlo che trovarlo, se mi posso permettere, il punto era che noi da esterni tutto quello che stava andando male in quella coppia lì ce lo siamo visti in diretta, ma non puoi intervenire perché sembra brutto, e perché pensi sempre che una coppia sappia meglio di chiunque altro perché si sono messi insieme e perché è meglio che ci restino se vogliono o si lascino se questo per loro è meglio.

Quali erano i segnali d'allarme?
1) fanno un figlio e due anni dopo l'altro, che lei voleva fortemente, lui molto meno
2) tra il primo e il secondo lei si rimette a lavorare parte time, con situazione ideale: lui da lunedi a venerdì, lei sabato, domenica e lunedì. Ideale per stare al massimo con i figli e pagare un solo giorno di nido. E noi ci chiedevamo: ma quando si vedono?
3) Comprano l'appartamento sopra casa loro per avere più spazio e ci si mettono di mezzo anche i lavori, un mutuo ecc.
4) Lui passa il tempo libero dietro al computer, quando lei è al lavoro parcheggia i bambini davanti al televisore. A volte il grande si fa male, sciocchezze, ma lei sta in ansia che lui non li guardi.
5) Lei ha il mito della casalinga perfetta, lava stira anche le mutande, cucina. A un certo punto le faccio notare che essendo le tutine della pupa elastiche se nn le stira non cambia molto: rivelazione. Lui in casa non fa nulla
6) Non escono, non frequentano amici, non si parlano.
7) Lei si convince di essere frigida e si rassegna.

Devo continuare o è riconoscibile? Bene, andiamo avanti, poi ci torno.

Poi un altro discorso a questo correlato, ma sempre tabù, è anche quello della vita sessuale dopo i figli. Io devo ancora incrociare chi ne parli con serenità, ringrazio da matti un paio di anonimi che l'hanno fatto per e-mail, mi guardo bene dal chiederlo ai mariti delle mie amiche perche non voglio saperlo, ed è un problema parlarne con maschi estranei perché a volte fraintendono e ci provano con me, ma per voi, miei lettori, questo ed altro e adesso posso dire che con sudore, lacrime e sangue almeo un punto me lo sono chiarito.

Uno dei miei informatori anonimi dio lo benedica mi ha chiesto: ma vi rendete conto cosa faccia un no a un uomo? No, in effetti detto così ha ragione: una dice di no per tanti motivi ma magari non si rende davvero conto dell'effetto che faccia al marito.

Il quale prima di sentirsi ferito, rifiutato, incazzato, frustrato, esautorato dal quel bambino del cazzo che ama alla folia ma che gli ha portato via sua madre e vaffanculo tutti e due, comincia a tornare sempre più tardi dal lavoro e a uscire sempre più presto, farebbe bene a chiedersi: ma mia moglie da me cosa vuole?

E lo stesso potremmo fare noi neomadri: insomma ci facciamo un gran culo e l'insonnia, le preoccupazioni, le paranoie, la vita che ci sfugge davanti mentre noi siamo inchiodate a questo bambino, il tempo che nn basta mai e le cose ancora da fare che ci sommergono e noi che ci sogniamo soltanto un sogno animale e senza sogni per, non dico tanto, cinque ore non interrotte. Non basta? Devo uscire di testa, buttarmi nel fiume con il bambino perché il mondo e mio marito si accorgano che ho bisogno di aiuto e non di critiche, e che ne ho bisogno adesso? Mio marito che pretende di non cambiare affatto i suoi ritmi e la sua vita, mentre la mia è comletamente sottosopra e chissà quando me la riprendo, ma già, lui è nel giusto, lui porta i soldi a casa, lui ha una vita lontano dal fasciatoio.

No, per dire come nascono gli equivoci.

Allora torniamo alla domanda: perché dopo i figli alla neomamma cala di botto la libido? Ma anche al neopadre se improvvisamente non vede più la donna che ama ma solo la madre di suo figlio. Però di questo parlerei a parte.

Ci possono essere tanti motivi. La stanchezza fisica quando dormi e vivi ad intervalli di 2-3 ore per parecchi mesi di seguito. L'ormone sballato. Le cicatrici che fanno male o comunque che restano sensibili. Il tuo corpo che è cambiato, ti fa schifo, l'autostima a zero.

Il terrore di rimanere di nuovo incinta mentre magari stai ancora allattando e quindi i contraccettivi 'comodi' (quelli che non ci devi pensare, perché con tutto quello che c' è da fare uno se li scorderebbe) forse non li puoi prendere (l'ultimo paio di mesi di allattamento di Orso mi sono fatta mettere la spirale associata a un rilascio di ormoni, in quantità minime e locali, mi giuravano, per cui che parte degli ormoni finisse nel latte era quasi trascurable e io ci ho voluto credere).

Però un motivo che nessuno dice, ammette o si ricorda e che invece a me sembra tanto plausibile è quando il neopadre delude la madre come padre e non come marito.

Come dice la mail mandata a Silvia:
"Sono in un periodo di forte crisi con mio marito. Ci siamo sposati dopo 7 anni di fidanzamento, dopo 6 anni è arrivata la prima figlia e dopo altri due il secondo pargolo. In casa nostra ci sono sempre state tante discussioni, per sciocchezze quando eravamo solo coppia, adesso ci scontriamo spesso sull’educazione dei figli. Lui è un papà molto severo, che si occupa poco dei figli, alla sera è difficile che giochi con loro. Spesso mi arrabbio con lui, ho provato anche a non dirgli più niente (così almeno lui non è arrabbiato con me)."

A me sembra tanto un classico: si diventa insieme genitori perché lo si è voluto insieme, insieme si è andati al corso di preparazione, insieme si era in sala parto e poi? E poi la madre si ritrova da sola e sono tanto fatti suoi se non ce la fa ad arrangiarsi.

La solitudine delle madri non a caso è il titolo sia del libro che del blog di Mrilde Trinchero, è un'esperienza comune e sottovalutata.

In genere e sempre parlando per generalizzazioni, poi mi direte voi le vostre storie, il nepadre in genere associa la responsabilità per la famiglia, che in genere sente molto forte e come suo compito storico, al successo nel lavoro. Lavoro, guadagno e posso provvedere al benessere di chi amo, è l'idea. E si butta anima e core in questo compito, magari facendo straordinari, prendendosi incarichi impegnativi, dedicandosi alla carriera come misura del suo successo di padre.

Con il risultato che la neomadre proprio nel momento in cui invece per lei è più importante avere qualcuno materialmente a fianco, si ritrova più sola di prima e lo percepisce come un abbandono da parte della persona con cui INSIEME era partito il progetto di genitorialità.

Ce li vogliamo ricordare tutti quei cliché, scoperte scientifiche ecc. che ci dicono che noi ci innamoriamo in base alle promesse di buona riproduzione che più o meno incosciamente ci fa la controparte? Che a noi ci arrapa quello che promette un bel patrimonio genetico da tramandare ai nostri figli? Ve li ricordate i rituali di corteggiamento degli uccelli, delle tartarughe e financo dei lombrichi? Tutti dediti al miglioramento della razza nei secoli futuri? Siamo uguali, non crediamoci diversi.

E allora uno che viene meno al patto inespresso di tirar su dei figli insieme così come ce l'eravamo immaginato, magari scordandoci di dircelo per bene e nei dettagli prima di farli questi figli il come in questione, tanto eravamo convinti che la nostra comunione di anime e core implicasse che pure sul tipo di giocattoli per la cordinazione occhio mano saremmo stati d'accordo naturalmente e sponaneamente così come è naturale e spontaneo respirare, ecco, uno che viene meno a questo patto implicito, come fa umanamente a sperare di poterci far sangue?

Comincia tu a dedicare il sabato alla spesa al mercatino biologico nonché produzione e somministrazione serale di monodosi surgelabili di pappe per lo svezzamento della settimana successiva. Comincia tu a cercare, trovare e selezionare la babysitter perfetta, o quantomeno a conoscere ed avere in tasca il numero di quella selezionata dalla neomadre in modo che puoi anche gestirla tu la logistica dei momenti scoperti. Comincia tu a portare il bambino ai giardinetti stimolandolo e facendolo giocare senza portarti dietro il giornale, ma tornando a casa sfinito. Comincia tu a sostenere con coerenza almeno nei weekend e nelle vacanze l'azione di spannolinamento mentre al sabato mattina la madre se ne va in palestra e simili?

Cavolo, quanto è improvvisamente sexy un uomo che - a ragione o a torto - ti dà la stessa affidabilità di te stessa. E ti solleva praticamente da alcune responsabilità senza recriminare, ma addirittura mettendoti a credere che lo sta facendo nelle stesse modalita i cui lo faresti tu.

Maschio neopadre, ci avevi pensato che quello che ti rende improvvisamente un bonazzo in questo momento delicato della vostra vita di famiglia fossero i soft skills? mi dispiace per te, tocca fare pure questo. Ma magari ci prendi gusto.

Questo, care signore neomadri, non è gratis, ma bisogna lavorarci. Bisogna imparare a delegare e fidarci dei risultati - migliorabili - senza stare a guardare il pelo nell'uovo. Significa imparare a tenere sotto controllo le nostre ansie e il nostro perfezionismo. non solo imparare ad essere madri abbastanza buone invece di madri perfette, ma anche ad accettare di avere un padre abbastanza buono pure lui, purché faccia del suo meglio sinceramente ed onestamente.

E bisogna fare qualcosa per sentirsi un team: sapere che non è facile, ma farlo in due è meglio, farsi dei piccoli complimenti di volta in volta, e agire onestamente. Chiaro che ad non aver voglia di fare le cose noiose, sporche e ripetitive siamo capaci tutti, ma non è giusto che il più menefreghista, il più prepotente, il più ricattatorio o quello che urla di più l'abbia sempre vinta. A volte bisogna mettersi d'accordo che certe cose vanno fatte anche quando uno non ne vede la necessità urgente, per amore dell'altro.

Gli esempi pratici non mancano: ovviamente io avrei preferito che mio marito rientrasse alle 18, andasse lui a riprendere i bambini al nido mentre io cucinavo e alle 18.30 mangiassimo felici insieme come the Happy Family per poi fare il bagnetto ai mostri, leggergli la storia e metterli a letto in due, per poi alle 20 ritrovarci insieme e fare ognuno quello che preferiva o cose carine insieme.

Di fatto la mia giornata doveva interrompersi alle 16 se volevo fare la spesa e cucinare prima di andare a riprendere i bambini, dove arrivavo in ritardo e stranita ed ero stanca morta prima ancora che il tour de force di convincerli a rivestirsi e mettersi le scarpe, riportarli a casa, spogliarli, cambiare il pannolino, trascinarli tavola e cercare di farli mangiare mentre io spignattavo e andavo avanti e indietro dalla cucina al tavolo mentre loro rompevano cose e si menavano, infilare un mostro isterico nel seggiolone perché lui voleva giocare con le macchinine, cercare di farli mangiare come dio vuole, impigiamarli (il bagnetto lo facevano una volta e mezzo alla settimana), riportarli a letto e convincerli a lasciarmi perdere, il tutto salendo e scendendo per tre piani diversi di scale sempre con qualcuno in braccio e qualcuno che si impuntava per non salire o scendere spontaneamente, cercare di addormentarli senza ricorrere alle martellate in testa e in quel momento:

SENTO L'amore della mia vita salire le scale, e il mio cuore esulta, un po' perché davvero mi è mancato, un po' perché spero che il capriccio finale della giornata se lo spupazzi lui mentre io metto quel paio di lavatrici di urgenza, raccolgo le pappe rovesciate dal pavimento prima che solidifichino, riesca a fare la pipì urgente già due ore fa, e poi felici, cenare insieme e dirci cose carine, e invece:

URLO ai bambini: "piantatela e dormite" e mi sento una merda, ma avrei già voluto urlare tutta l'ora precedente e forse l'ho anche fatto e adesso inoltre mi serve come segnale subliminale per dire al padre: "lo capisci che davvero non ce la faccio più?"

e lui:

entra e guarda schifato il pavimento, sospira, chiede: "perché questo pannolino sporco sta sulle scale?" (La risposta: "perché il secchio in bagno è superstrapieno, già che ci sei vuotalo e vallo a buttare" capisci che non vale), dichiara "Io ho mangiato e devo assolutamente finire un lavoro" e tu sai che in macchina ci sono due involucri di Mars infilati sotto al sedile e sul tavolo la sua cena si raffredda e ti tocca pure sparecchiarla tu

ECCO

quello è lo stesso uomo che dopo due ore dietro al computer (e tu ti auguri per lui che si sia fatto almeno qualche giro per siti porno, perché qui non ce n'è più per nessuno) arriva a letto dove tu in qualche modo sei appena schiantata dopo l'ultima poppata della serata e speri che nessuno ti svegli per le prossime due ore, e senti un piede che si allunga e ti viene da pensare: piuttosto me la cucio, stronzo che no sei altro.

Ecco, caro commentatore anonimo, quando una moglie dice di no forse non si rende conto dell'effetto che fa al marito, ma si rende benissimo conto perché non può fare diversamente.

Ecco, a parte gli ormoni, la stanchezza, le incomprensioni, l'essere concentrate con tutti i propri pensieri sulle esigenze dei pupi, il pensiero che toccherà rimettersi a lavorare così il poveruomo non deve fare tutti quegli straordinari e magari ha più tempo per farlo lui il bagnetto ai bambini, e però non vedi l'ora di lavorare tu, così un'ora di break tra il casino del mattino e quello della notte guidando in autostrada ce l'hai anche tu per riordinare i tuoi pensieri prima di affrontare le gioie della famiglia, l'abbiamo capito che anche il giramento di palle reciproco è un ostacolo a una serena vita di coppia post partum? Altro che prolattina.

Che la donna che si lamenta e l'uomo che si rifugia dietro lo schermo del computer o negli straordinari sono si due segnali di richiesta di aiuto e impotenza nel gestire la situazione, ma che oltre a questo sono il peggior afrodisiaco del mondo?

Poi l'ennesimo manuale cretino mi suggerisce: l'uomo deve sentirsi utile, ha questo istinto primordiale di ritornare a casa con il bisonte pronto da infornare, dagli delle cose da fare, mandalo a fare la spesa. È vero, a lui, con la macchina, fare una parte di spesa subito di fronte al lavoro, prima di infilarsi nelle code in autostrada che così poi il traffico è più scorrevole ha dato modo di:

a) aiutarmi
b) sentirsi oggettivamente utile senza lo stress di fare le cose che voglio io quando lo dico io, come voglio io
c) comprarsi un'alternativa più sana del Mars comprato alla stazione di servizio per chiudere il buco nello stomaco della prima serata passata in coda, così anche se non cena comunque ha mangiato delle mele
d) decidere cosa gli va di mangiare domani che io proprio non ho idea e se me lo dice mi fa un favore.

A me la spesa dettata al telefonino mentre è al super permette di:
a) non scapicollarmi in bici sotto la pioggia a fare la spesa con un bambino davanti e uno dietro sul seggiolino e le buste appese al manubrio che poi una che si strappa c'è sempre. Tocca pianificare il giorno prima per il giorno dopo, ma sul lungo termine va bene
b) lavorare in santa pace quell'oretta in più, arrivare al nido meno scapicollata e magare riuscire a buttare l'immondizia per strada
c) arrivare all'ora di cena e letto dei bambini meno sfinita, incazzata e rancorosa e, miracolo, i bambini lo percepiscono e rompono di meno. O se rompono uguale io riesco a non urlare
d) quando lui torna portando doni in forma di spesa, e magari persino con il lampo di genio di un cioccolatino tutto per me per tirarmi su, io lo amo come il primo giorno. di più anzi, perché prima era il mio maschio arrapante, adesso lo è sempre, ma è pure il padre dei miei figli, quindi prima di lasciarlo mi tocca pensarci molto, ma molto bene.

Deogratias. Continua dopo che adesso stanno rientrando dalla piscina e forse dovrei cucinargli qualcosa.

PS: no, hanno mangiato patatine e toast in piscina. Ho tempo di lavarmi i capelli fantastico. Che uomo meraviglioso che ho, gli perdono tutti i sorci verdi che mi ha fatto vedere quando stavamo svezzando i figli.

sabato 17 aprile 2010

Offro aiuto (limitato) a chi è rimasto a piedi a causa dei voli cancellati e per chi ha posti in macchina

La mia amica Carola doveva ripartire in aereo questo pomeriggio da Eindhoven a Roma. Non ce l'ha fatta. Ad Eindhoven ha trovato qualcuno con un pulmino che per € 200 a testa porterà alcune persone a Milano, poi da lì si arrangeranno.

Il punto è che presumibilmente fino a lunedi i voli sono tutti cancellati. Da lunedì a mercoledì sono già strapieni e se invece ripartono solo martedì la prima possibilità di rientrare ce l'aveva di mercoledi. Treni idem, strapieni.

Io spero solo che più persone in possesso di pulman e pulmini abbiamo l'idea di fare i tassisti per una notte (o due). Ma chi deve partire è inutile che si rechi ai vari aeroporti, specie se lontano, perché Eindhoven per la notte chiude e non prevede nessuna forma di assistenza. Se siete ancora in albergo provate a restarci almeno due notti e godetevi il sole e la città.

L'ufficio turistico e congressuale di Amsterdam assicura che gli alberghi a loro associati non approfitteranno della situazione per alzare i prezzi, ma che purtroppo sono rimaste pochissime camere e in genere queste sono proprio quelle più care.

Per questo metto a disposizione i commenti a questo post per chi ha posti in macchina o posti letto da offrire in questi giorni. Così chi cerca magari li vede. Lasciate per favore un contatto per cercarvi e trovarvi autonomamente perché io domani per grossa parte della giornata non ci sono e non posso mettermi a fare la centralinista altrui.

E se sapete di qualcuno con bambini piccoli, anziani, malati e donne incinte che sono rimaste per strada dalle parti di Amsterdam fatemi sapere qui come contattarli. Qualcosa cercherò di farmela venire in mente. I commenti devo moderarli io per cui se capisco/mi spiegate che si tratta di numeri confidenziali non li pubblico ma provvedo io a chiamare.

Tutti quelli giovani, forti e provvisti di carta di credito sono sicura che ce la faranno per conto loro.

Ma insomma, mi sono ritrovata pure io in viaggio incinta, con una caviglia distorta di brutto e un bambino di 18 mesi con valigie e passeggino e non ci posso pensare cosa avrei fatto se fosse capitata a me una cosa del genere.

Nel frattempo a Schiphol 1500 passeggeri hanno pernottato in lettini da campo messi a disposizione, il Thalys tra Amsterdam e Parigi via Belgio ha raddoppiato i vagoni e può trasportare 800 passeggeri, mentre tra Londra a Bruxelles sono stati aggiunti 3Eurostar extra.

In bocca al lupo a tutti per il resto.

venerdì 16 aprile 2010

Consigli per l'estate ad Amsterdam: SAIL 2010 dal 19 al 23 agosto

Dopo 5 anni torna quest'estate la manifestazione SAIL ad Amsterdam. Si tratta di un raduno gigantesco di velieri, tra cui le navi scuola di moltissime Marine del mondo.


Per avere un' idea di cosa implichi guardatevi il trailer qui sopra. Io ho avuto l'enorme fortuna, per le scorse edizioni, di avere l'evento sotto casa. No, dico, solo l'effetto di affacciarsi alla tua solita finestra e vedere dietro al solito palazzo di fronte tre alberi con tutte le vele.

Quello che invece considero un fastidio grosso per chi ci abita, che si trova assolutamente invaso per 4 giorni: un pezzo di ponte viene rimosso (lo Jan Scaeferbrug lo hanno progettato apposta parzialmente rimovibile), il traffico verso l'isla viene bloccato, i residenti provvisti di postomacchina possono entrare previo controllo, un po' uno stato di guerra)è il casino inutile ed evitabile.

OK, è un grosso evento e la gente arriva a carrettate, bello. Ok i grandi network televisivi hano tutti un palco in svariati punti e fanno lagara a chi ha più show dal vivo, concerti ecc. Fantastico, dopo cena basta che t vai a fare una asseggiata e sei in mezzo al concerto. Ma dovete per forza cominicare alle 10 di mattina, quando i visitatori si contano su una mano, a sparare musica a tutto volume? Così, ognuno i suoi nastri registrati, e poi quelle cose orribili nazional-popolari-umpappà? cioè, abbiamo oltre l'acqua il tempio del jazz olandese, proprio frans Bauer e co. mi dovete far sentire?

Se proprio il palco sta pagato e gli amplificatori languono, offritelo agli studenti del conservatorio o a piccole band locali che senza amplificazioni esagerate si possono esibire per i passanti che vanno a fare la spesa e i bambini, che imparano.

Questa constatazione non mi è venuta nel 2000, mentre insonni ed incasinati stavo cercando di aviare la scuola di lingue e ricordo una colazione con emicrania in giardino sabato mattina con l'elicottero della polizia che mi volteggiava in testa e musica da due lati diversi che combatteva per la mia attenzione.

No, mi è venuta il giovedì mattina in cui sono arrivate le prime navi, e noi 4 gatti che non eravamo altrove al lavoro le guardavamo dai moli arrivare, complice il vento a favore, con tutte le ali delle vele aperte, l'equipaggio in fila sulle traverse degli alberi e noi abituati a tutte le barche a motore guardare questi mastodonti che si avvicinavano veloci, a motori spenti, leggeri e silenziosi. E proprio nel momento che mi dicevo: ecco, una cosa del genere non è più di questi tempi, e mi sentivo una privilegiata per vedere del movimento privo di motore a scoppio, in quel momento quei coglioni di Veronica network, sopraffatti da tanta poesia, hanno dato fiato ai megawatt e attaccato una roba con un sacco di bassi insopportabili.

Quell'anno lì la Vespucci non ce l'ha fatta ad arrivare in tempo, che porelli li vogliono da tante di quelle parti e i velieri hanno pure i loro tempi di navigazione. Però c'era un'altra nave italiana che appena arrivata hanno messo alcuni pischelli a passarle il bianco sotto un sole che spaccava le pietre.

E all'orario di visita per il vicinato il buttadentro selezionava solo le bionde per farle entrare. Che il quartiere è piccolo e le politiche di ingresso vengono visionate da balconi e finestre e la gente mormora, io stavolta ve lo dico e cercate di non farvi riconoscere sempre. Poi c'è stata anche la visita VIP Italiani del mio club di imprenditori con prosecco, ma io stavo correggendo il programma dei corsi e in più non mi ero rifatta le meches, quindi per protesta ho saltato. tanto i dettagli me li hanno raccontati quegli ospiti che poi sono venuti a cena da me.

La cosa carina invece è stata quella del vicino colombiano con balcone condominiale sul molo: davanti gli ha ormeggiato la nave colombiana, hanno fraternizzato subito e passato dei giorni a farsi colazioni insieme, tutto il condominio e l'equipaggio o sul balcone o a bordo, per non parlare delle ballate che si facevano la sera, a botte di hermano di qua e hermano di là.

Che eravamo giovani e senza figli in quel quartiere li nel 2000. Nel 2005 salivamo a bordo carichi di marsupi o lasciando il passeggino a terra.

Comunque adesso che non ci abito più, ma sto dal lato dove attraccano le navi dei paesi meno sexy (Russia, Sudamerica, mannaggia a loro che pure partono di salsa alle 9 di mattina, ecc.) ho in mente non solo di godermelo come e più di prima, ma anche di mettermi d'accordo con qualcuno dei pochi amici che ancora ci abitano di farci invitare a cena o a dormire da loro per avere ancora per un po' questa sensazione di vivere nell'angiporto di un paio di secoli fa.

Anzi, quasi quasi chiedo ai futuri suoceri di Orso se loro in quel periodo per caso sono in vacanza e se ci prestano casa per un giorno o due, che la botta di nostalgia per il quartiere vecchio non ce l'avrò forte come i miei figli, ma quando arriva SAIL mi torna.

E quindi se dopo Ferragosto non sapete cosa fare, io vi suggerirei di farvi un giro ad Amsterdam.

giovedì 15 aprile 2010

Audio dell'intervista con Marino Sinibaldi


Eccolo qui il link con l' intervista tagliato e montato da Maura e Orfeo, basta entrare e cliccarci sopra.

OK, mi sono riascoltata e persino piaciuta. Un paio di volte mi sono ricordata di provare a rallentare. E si, avevano ragione le malelingue: il problema non era cosa dire, il problema era farmi smettere. Ma questo si sapeva no?

(La vignetta di Staino l'ho rubata dal sito dell'Unità, ma mi piaceva troppo, era un po'così che mi sentivo al momento dell'intervista)

mercoledì 14 aprile 2010

Follow up su muscolatura pelvica dopo il parto

Vi ricordate qualche tempo fa i post sul regalo per la neomamma e il pavimento pelvico sfinito dal parto?

Bene, è appena arrivata la seguente segnalazione tra i commenti, ma per ritrovarla facilmente la inserisco anche qui:

"Sono arrivate in italia le riunioni della valigia rossa, dove si parla solo tra donne sulla sessualità femminile nelle diverse fasi della vita, tra altri argomenti trattiamo anche le palline cinesi o palline di geisha per la muscolatura pelvica e realmente tantissime donne di tutte le età non sanno cosa siano!!
in alcuni paesi le vendono in farmacie e le subvenzionano gli ASL!!
Per ulteriori info sulle riunioni:
maria_milano@lavaligiarossa.com
320 144 2994"

Il sito è in corso di traduzione, per ora si viene rimandati a quello in spagnolo e portoghese. Ho chiesto informazioni a Maria che mi ha confermato che lo spirito è un po' quello delle riunioni Tupperware, gruppi di donne. "Si parla sulla sessualità femminile nelle diverse fasi della vita attraverso dei prodotti molto divertenti come cosmetica erotica, giochi, prodotti per la salute femminile, massaggiatori... sono riunioni molto divertenti solo al femminile!!! se ti servono altre informazioni puoi chiedere anche a Cristina Luzzi: info@lavaligiarossa.com"

Insomma, a chi si chiedeva nell'altro post dove si comprano, ecco qui.

(E come al solito, non le conosco, non mi pagano, ma l'idea mi sembra bella e utile rispetto a quanto dicevamo di là). poi se qualcuna di voi proprio insiste per regalarmi un massaggiatore per il mio compleanno (Marina? invece della tua torta?) a me i massaggi, specie al collo e sulle piante dei piedi, non bastano mai.:-)

Sottoscrivo tutto (quasi, non voto per Formigoni)

Quello che ha scritto il signore che ha coperto il deficit pr la mensa scolastica di Adro lo sottoscrivo nello spirito e nella lettera, tranne un paio di dettagi autobiografici.

E ci vogliamo aggiungere qualcosa per la famosa circolare della Gelmini? Io mi ricordo che in Olanda i figli dei sans papier sono sempre stati accolti a scuola e che le scuole si sono sempre rifiutate di darne i dettagli all'ufficio immigrazione. Anche quando questo comportava spese che nessuno gli rimborsava.

La grettezza, quella è gratis, sempre. I genitori che fanno i furbi, pure, e talvolta sono quelli insospettabili (ne sa qualcosa il capo che da quando fa il tesoriere dell'associazione genitori sta sempre lí a mandare lettere agli insolventi, che il contributo volontario non lo pagano, ma i figli dalle feste scolastiche e dalle gite non li ritirano).

Altro che chi ci cambierà il pannolone da vecchi, di questo passo ci ficcheranno un catetere in uscita, una flebo in entrata e le piaghe da decubito gratis. Perché da chi non investe nei bambini, neanche con l'esempio, inutile aspettarsi clemenza per i vecchi.

Si, va bene, non è un commento questo, è uno sfogo perché oggi basta leggere i titoli e ci si può solo incazzare. Il cardinal Bertone e i suoi sociologi, Sergio Romano che parla di Emergency da diplomatico, cioè affossandoli ulteriormente ma senza parere, Frattini che scrive a Karzai, le mense, le delazioni, tutto.

Questa lettere è l'unica cosa positiva della mattinata, e già solo questo dice che c'è poco da ridere in giro.

martedì 13 aprile 2010

Figlio mio, parliamone


"Mamma, ma se io muoio prima di te tu che fai?"
Domanda delle 18.40, fermi all'ultimo semaforo prima di casa.

Ogni tanto anche a otto anni la vita diventa troppo pesante e con Ennio abbiamo fatto un patto, che a suo tempo avevo anche con i miei: se una mattina non ti senti di andare a scuola me lo dici, e nei limiti del possibile ti tengo a casa.

Io so benissimo cosa pesa a Ennio, nonostante il capo minimizzi e relativizzi come solo lui sa fare (e ringrazio il cielo che siamo in due a tirarli su): non è solo che sia estremamente intelligente (per le madri ovviamente tutti i figli sono la reincarnazione di Einstein) ma lo frega una sensibilità estrema.

Che lo porta a offendersi, vergognarsi, sentirsi stupido anche per cose che magari un altro neanche ci fa caso. Che lo porta a voler disperatamente essere accettato dai suoi amici per rassicurarsi che anche lui è nella norma, anche lui è come tutti, anche lui non ha niente di diverso che si noti.

E allora fa il clown, è estremamente socievole, si butta in mezzo a tutte le cose e generalmente si diverte pure. Tranne che ogni tanto percepisce lo scollamento, o gli viene la botta d'ansia. Tranne che per mantenere questa facciata spreca una quantità immane di energie a monitorare, guardare, esaminare, cercare di capire come reagiscono gli altri a lui. Per adattarsi.

Energie che invece quando dedica a qualcosa che gli piace davvero, in cui non ha bisogno di relazionarsi agli altri, ma può sfruttare per quello che sta facendo, fa cose strabilianti e che non gli pesano neanche. Per dire, quest'inverno ha imparato a giocare a scacchi con suo padre e all'inizio ci ho fatto un paio di partite purché mi ricordasse lui quale pezzo muove come, che io proprio mi scordo di volta in volta.

Non è che nel frattempo abbia fatto chissà quante partite, ma ha cominciato a mettere in difficoltà il padre. No, dico, il capo, quello logico-matematico organizzato, quello che a un test online aveva fatto un IQ tra i 150 e 160 (che sua madre a cui ho immediatamente telefonato per comunicarglielo risponde: lui 150? Non ci credo neanche se lo vedo). Messo in crisi da un pischello di 8 anni che pensa a mosse che lui neanche vede.

E vabbé, uno dice, l'abbiamo capito che la famiglia di geni come la vostra un'altra non c'è, e allora cosa vuoi, di che ti lamenti?

Io lo voglio esattamente così com'è e mi lamento soltanto perché non lo vedo completamente sereno. Perché ci sono dei ragazzini molto intelligenti che sono perfettamente inseriti, riescono a fare un mucchio di cose tutte bene, hanno un sacco di amici, fanno sport e tutti li apprezzano, gli vogliono bene e li capiscono. come il mio compagno di liceo Piero L., per esempio.

E poi ci sono quelli come lui e come me che stanno sempre a mettersi in discussione e si danno delle grandi martellate negli stinchi e anche se fanno tante cose in qualche modo se le godono di meno, sono scollati da quelli che li circondano.

Allora l'altra mattina, quando è rimasto a casa perché preferisco curargli preventivamente il mal di pancia o il mal di testa che si farebbe venire se lo mandassi a scuola a tutti i costi, e devo dire che non ne approfitta per niente, anzi, a volte, basta che dica: hai davvero bisogno di stare a cosa, o facciamo colazione, giochiamo e poi magari ci provi ad andare a scuola? E lui dopo un po' fa: ma si, ci vado.

Invece è rimasto a casa e ho provato un pochino a sondare cosa c'è che non va. nulla, dice lui, ma l'amica insegnante che studia questi bambini da 30 anni e mi conferma che ce ne sono parecchi, con genitori disperati e scuole che assolutamente non sanno prenderli mi dice che a volte fanno finta di niente per proteggere noi genitori, per non farci dispiacere.

"Ennio, ascolta, se qualche volta tu sei triste o c'è qualcosa che non va, tu puoi sempre dirmelo, anche se hai paura che poi divento triste io. Se ne parliamo insieme poi sappiamo cosa fare e anche parlare aiuta, sai?"

Mica gli ho detto che se me ne parla a me non fa male.

E allora ieri alla domanda, cosa farei se lui morisse prima di me, ci ho pensato, ma neanche tanto, che le sfighe della vita me le sono già esaminate tutte nelle notti insonni e quindi sono preparata.

"Se tu morissi io avrei un dolore enorme, quasi da morirne. Ma non morirei. Piangerei tanto questo si. Però poi alla fine ricomincerei a vivere, per papà, per Orso, per me e anche un po' per te. cercherei di godermi la vita anche per te che non ci sei più e non te la puoi godere con noi".

OK, è più difficile di quanto pensassi.

"Perché io ti voglio un bene da morire e non ci posso pensare che tu muori prima di te, anzi, già solo a parlarne mi viene un po'da piangere".

"Ma se me lo hai detto tu che te le posso dire le cose".

Te l'ho detto, si. Ma la maternità è un processo empirico. Dico solo che dobbiamo poter parlare di tutto. Poi di volta in volta cerchiamo di capire come e cosa.

Orso in tutto questo taceva e pensava ai fatti suoi, ma sono sicura che ha assorbito ogni parola e prima o poi mi tirerà fuori la sua interpretazione. Orso da fuori è un duro fino a che non abbassa gli aculei, perché sotto è tenero come tutti noi.

Ma ha un vantaggio rispetto al fratello: intanto è il più piccolo e quindi si sente più protetto da tutti noi che gli stiamo intorno. E poi non so come dire, ma lui basta di più a sé stesso. Non ha bisogno dell'approvazione generale e incondizionata del mondo. Gli basta quella dell'amico alla volta con cui ha a che fare. È più sicuro delle sue scelte e le difende con le unghie e con i denti, fino a farsi venire i famosi accessi di rabbia.

Ennio se contrastato si demoralizza, Orso è più cocciuto, se contrastato combatte. non dico che sia una soluzione nella vita ma in questo momento mi dà meno problemi.

Tutto sommato un modo bisognerà trovarlo per Ennio, immagino che tenerlo a casa da scuola per parlare e fare cose insieme sia una soluzione, magari non definitiva, ma mi chiedo se portarlo da uno specialista, come ci suggerì la sua maestra quando aveva 5 anni. Che era anche lei una ragazza estremamente intelligente ed empatica e peccato che si sia trasferita, ma a me e al capo all'epoca rivolgerci a uno psicologo per una cosa del genere sembrava esagerato.

Però mi sto informando per le scuola Leonardo e forse varrebbe la pena fare una prova lì. Solo che sta fuori Amsterdam ed è tutto da vedere. Intanto parliamo che secondo me già si risolve parecchio.

lunedì 12 aprile 2010

Bollicine, la prossima lezione di Vini d'Italia domenica 18 aprile


Come a molta gente, compresi i miei figli, la parola bollicine mi fa venire immediatamente in mente Vasco Rossi. Invece nella prossima lezione di Vini d'Italia parleremo delle differenze tra un metodo classico e un prosecco, anzi, adesso che è cambiata tutta la denominazione è meglio chiarirsi bene cosa sia il prosecco.

Le prime iscrizioni sono già arrivate e restano pochi posti. La lezione si terrà domenica 18 aprile dalle 17.30 alle 19.30 (tanto sforiamo sempre), costa € 40 compresi gli assaggi di vini e cibi ad essi abbinati, gli interessati possono scrivere a info@ondaitaliana.org.

Proprio l'altro giorno sentivo alla radio olandese una discussione su quelli che un esperto chiamava gli shit-prosecco del supermercato. Perché è vero che nell'ultimo paio d'anni l'Olanda ha scoperto il prosecco e qualunque cosa abbia CO2 e vino dentro ha i suoi entusiasti estimatori. Nonostante la qualità media di quello che si assaggia in giro.

Non sarà forse l'espressione più elegante, shit-prosecco del supermercato, ma dagli torto. A giudicare da certa roba che ti fanno bere in giro rimpiango i cari vecchi nu quarte e nnà gazzose del bar di Ofena. La gazzosa rigorosamentela Forcuccio di Popoli, ma erano altri tempi.

Grazie invece a un paio di importatori interessanti potremo assaggiare bollicine di cui non pentirsi, perché la vita è breve, le calorie sovrabbondanti e allora meglio mandar giù quelle buone invece di ingollare schifezze. E con Marina proprio ieri abbiamo messo a punto la lista degli sfizi che accompagneranno a degustazione, e praticamente mi piacciono tutti.

Stavolta cercheremo di ricordasrci delle foto. Quella qui sopra comunque è tratta da Dario Bressanini che vi consiglio di leggere se siete di quelli che per salvare la bottiglia dimezzata ci infilano il cucchiaino.

domenica 11 aprile 2010

Quanto mi piace il feltro


Per non saper cucire, adoro il feltro perché innanzitutto è una stoffa non tessuta e fare gli scialli di fetro come mi ha insegnato Cri-Cri è stata una rivelazione. Gli dai le forme che vuoi e buonanotte.

Però il feltro in rotoli, che si tratta come una stoffa con il notevole vantaggio di non aver bisogno di fare orli visto che non si sfilaccia, resenta tante possibilità.

È in tessuto impermeabile, di lana, con grandi proprietà di isolamento acustico. E poi assorbe bene i suoni, quindi intervenire nell'arredamento da interni con elementi in feltro permette non solo di non sentire i vicini, ma anche di ammortizzare i suoni molesti in ambienti molto grandi, per esempio, o molto vuoti.

In attesa di rimettermi a fare qualcosa in proprio e postarvel, mi limito a segnalarvi il negozio online di Roberta.

Quella dei contenitori in feltro è una mia vecchia idea in attesa di realizzazione, ma i mazzamurelli e la casina per gli uccelli sono una meraviglia. E poi fino a 18 aprile le spese di spedizione sono gratis.

Katyn, i polacchi e l'Europa

Katyn è stata una delle pagine recentemente scoperte della storia polacca. Cioè, in Polonia si è sempre saputo e sussurrato, perché non fai sparire lo stato maggiore dell'esercito di un paese in guerra senza che nessuno noti la differenza, ma non si poteva dire.

Non si poteva dire perché la nostra grande nazione sorella negava in tutti i toni. Ed essendo la cosa successa sul loro territorio, non è che uno poteva andar lì e mettersi a scavare, metterli di fronte all'evidenza e fargli: no, scusate, vi siete sbagliati, ce li avete proprio fatti fuori voi, ammettetelo e chiudiamo il discorso. Eh, no, non si poteva.

Poi il nuovo corso e la perestroika e impariamo dai nostri errori e insomma si, si ammise, si scavò, si onorarono i morti. E tanto per imparare dai nostri errori in Polonia si è passato da un integralismo all'altro, da Radio Mosca a Radio Maria, tanto entrambe ce l'hanno con gli ebrei, con i gay e con tutti quelli che rivendicano il diritto a decidere da soli come vivere e cosa pensare, invece di avere chi glielo suggerisce.

No, decisamente, a me il rifiorito integralismo cattolico della Polonia, iniziato sicuramente con l'elezione a papa di Woityla non mi ha mai convinto. Ma è con i gemelli Kaczynski che mi si sono confuse definitivamente le idee. Tutte le storie su un premier omofobo che vive con mammà che gli amministra lo stipendio e gli passa la paghetta per le piccole spese, e che passa più tempo a genuflettersi che a governare, sono anni che le conosco.

Poi ieri mi manda un sms l'amica Mishka, tutta sconvolta. Siamo senza governo.

Dico la verità, a me è quasi sembrato un thriller di quelli di fantapolitica. Il gemello malvagio, la commemorazione di Katyn finita in tragedia, le ricerche affidate a Putin, la scatola nera che in primo luogo si ritrova quella sui movimenti e non quella con le registrazioni vocali (che si saranno detti: presidente, è impossibile atterrare, tocca deviare su Minsk, e lui no, no, no, dobbiamo atterrare a tutti i costi, dio è con noi, ipotizzo ovviamente perché nei thriller si ipotizza e basta).

Lessi una volta di Czeslaw Milosz che uno dei grossi problemi dei polacchi nella storia non è stata la mancanza di coraggio, ma questa incrollabile certezza che in qualunque impresa eroica si gettassero, anche la più disastrosa, loro lo facevano con la serena certezza di essere nel giusto e che dio li guardava e che quindi doveva andar bene per forza. Poi finivano in un disastro dopo l'altro.

Perché eroici lo sono sempre stati: quando i turchi arrivarono sotto Vienna furono respinti alla fine dalle truppe polacche soprattutto, comandate dal re Jan Sobieski durante la battaglia di Vienna. Il tutto l'11 e 12 settembre 1683. Sennò a quest'ora il problema se i minareti facciano o meno parte del paesaggio europeo manco si poneva.

E nel 1944, la spallata decisiva dell'assedio di Montecassino la diedero sempre i polacchi, per scacciare i tedeschi. Scelti apposta perché estremamente motivati contro quel loro nemico storico. Il cimitero di guerra polacco a Montecassino (e anche quello di Loreto) hanno tutte queste date sulle lapidi: tutti ragazzi di 18 e 19 anni, non di più.

Insomma, noi come Europa abbiamo salvato il culo almeno un paio di volte grazie ai polacchi, e loro stessi, anche durante il socialismo, non hanno mai smesso di sentirsi parte integrante dell'Europa Occidentale. Nell'interbello Varsavia veniva paragonata a Parigi (uno può dire che lo fanno peraltro anche i baresi, ma sorvoliamo che mi rovina il discorso).

E quindi ritrovarsi al governo per parecchio tempo due antieuropeisti convinti proprio adesso che la Polonia sta in Europa, cosa che vedono come il proprio destino storico che si compie, non lo so, a me qualche dubbio lo farebbe venire. Infatti la prima domanda che mi sono posta è stata: ma è stato terrorismo?

Per il resto, è un vero peccato che io non abbia la benché minima vocazione come autore di thriller.

sabato 10 aprile 2010

Orso e le glorie calcistiche

"Ma io avevo trovato una coccinella gialla bellissima a calcio e poi è arrivato T. e l'ha ammazzata".
"No, ma che peccato, forse l'ha fatto per sbaglio?"
"Secondo me invece Orso come sempre invece di giocare stava a contemplare la natura e T. che doveva segnare gli è passato sopra - eddai, levati di torno - e senza volere ha fatto fuori la coccinella".

Le interpretazioni del capo a volte sembrano ciniche, ma sono semplicemente realistiche. Mi sa che davvero è andata così perché a quell'allenamento lì persino io, che me ne stavo a chiacchierare con l'amica D. a bordo campo e intanto facevo all'uncinetto, sono dovuta andare un paio di volte a dirgli di darsi una mossa e giocare, che mica può star solo impalato salvo rotolarsi per terra reggendosi una gamba se qualcuno insiste per farlo muovere.

Ed è un peccato, perché con la scena del rotolarsi aggrappato allo stinco ha tutta la parte di talento per vincere dei campionati come se ne vedono ultimamente.

Oggi sono andati da soli mentre io spalavo letame e verniciavo in cucina.

"Mamma, eravamo nella stessa squadra e abbiamo vinto", urla Ennio rientrando trafelato.
"Già, hanno proprio vinto, ed indovina chi dei due ha fatto un goal?"
Certe domande del capo contengono in sé la risposta.

"Orso naturalmente".
"Già, mamma, ma come lo sai che l'ho fatto io?"
"Perché amore, stai diventando sempre più bravo e si vede" che l'input positivo so che bisogna darlo a tutti i costi e certe volte tocca arrampicarsi sullo specchio per farlo, per una volta che te lo servono su un vassoio d'argento l'input positivo, che questa settimana Orso aveva definitivamente per la sesta volta deciso che lui con calcio smette e l'ha detto all'universo creato, il ragazzo va incoraggiato.

"Ma a me mi facevano sempre il tackle, per questo non ho segnato" si lamenta Ennio in piena crisi da diva trascurata.
"Ma per forza amore, il tackle si fa sempre a quello più bravo."
"Davvero?"
"Certo, anzi, ricordati di farlo anche tu a quello più bravo della squadra opposta".

"Ma mamma, se la settimana prossima giochiamo contro le mamme io non ce la farò mai a fare goal, e neanche gli altri".
"Orso, ma ti pare che le mamme non faranno di tutto per farvi vincere" vorrei rispondergli io, e non posso primo perché non è educativo, e poi perché non mi fido delle madri olandesi ligie alle regole. Quelle giocheranno per vincere.

In separata sede il capo ha rivelato:
"È scandaloso come abbia segnato, non ha fatto un accidente per tutta la partita, all'ennesima volta che gli ho detto di darsi una mossa si è avvicinato svogliatamente verso la porta, un altro gli ha passato la palla e prima che ci accorgessimo cosa stesse succedenso, aveva segnato".

Perché la mia teoria è che se il pensiero positivo non lo applichi da te, poi è lui a zomparti addosso nei casi disperati. Adesso vediamo sabato prossimo.

venerdì 9 aprile 2010

Calcio, madri e pari opportunità

Stanotte è arrivata la conferma: il 17, ovvero fra due sabati, si giocherà il grande torneo di calcio Mini's contro Mama's.

E anche stavolta questa mama qui è stata tanto fessa da unirsi immediatamente, per poi farsi venire i dubbi che il tempo era brutto e in più saltavano fuori tutte le mail di queste esaltate che dicevano: siiiiiiii, che adesso ho la motivazione per rimettermi in allenamento, e io dicevo tra me e me: la motivazione? Ma io pure avendola (e non l'avevo, ma si sa, per le cose dei figli ho la fissa della partecipazione) non avrei tempo né fiato, e mi crescevano i dubbi.

Dubbi che Hanife mi ha spazzato via di botto, che lei ogni mercoledì si trascina i gemelli piccoli all'allenamento del grande, abbiamo fatto i figli in tandem che vanno a scuola insieme e se penso che i gemelli alla seconda botta potevano capitare anche a me, mi viene male.

Ma lei sostiene che dobbiamo assolutamente farlo e che ci divertiremo da matti, cosa su cui non ho dubbi, ma intanto lei ha almeno 10 anni meno di me e poi da piccola ha fatto seriamente calcio al centro di quartiere, guarda caso con lo stesso allenatore dei grandi che ha sostituito Kees che si era operato all'occhio. E sono differenze potenti. Perché vuol dire che a lei almeno il calcio piace, a me no.

Insomma, mi sono fatta convincere anche questa volta e mi sa che ci divertiremo tutti in qualche modo, sarà un evento di famiglia, forse è il caso che faccia un paio di ciambelloni da portarmi dietro, o un paio di cake salati, che quello è l'ambiente e se il tempo regge si potrebbe fingere che è un pic nic. In particolare leggendo bene la circolare di stanotte noto che si prevedono:

* squadre, quattro di mamme e quattro di figli
* quattro campi
* servono quindi otto padri che facciano da coach alle squadre, da arbitri nei campi, da fotografi per immortalare la scena e da catering, ovvero fare avanti e indietro, sopra e sotto, con broccone di limonata da prendere al baretto.

Tutte attività che in genere vengono svolte dalle madri.

Non vedo l'ora. Toccherà trovare il tempo almeno di depilarsi, ma non vedo l'ora.

Per chi fosse interessato a un club di calcio di Amsterdam, ecco qui una botta di informazioni e pubblicità-progresso.

Torneo Mini's tegen Mama's, club Geuzen-Middenmeer, zona sportiva tra Middenweg e Radioweg, campo 2A, sabato 17 aprile dalle 10 alle 11.


Il club è uno dei più antichi di Amsterdam, ci hanno giocato da ragazzini un paio di eroi del calcio che mi sfuggono (Cruyff? Forse Cruyff), ha un 600 tesserati, grande cosesione e spirito di corpo, che ti piaccia o meno ti mettono di mezzo, si fanno i turni al bar, fanno feste che finora mi sono persa e il gruppo donne del mercoledì sera cercava altre giocatrici (col cavolo che ci vado).

Se non fosse che l'elemento coesivo è il calcio, che a me e al capo fa proprio schifo, mi divertirei molto di più, che sta pure imbucato dietro in fondo al parco e ogni volta è una bella passeggiatona nel verde da Radioweg (vicino alla pista di pattinaggio, il parcheggio lì costa € 0,10 l'ora, se le macchinette funzionassero) oppure si taglia attraverso il club di atletica se venite dalla Wembleylaan, ridente quartiere residenziale, dove il parcheggio costa i soliti € 2,60 l'ora e si paga solo con il chip perché l'automatico a monete lo hanno blindato.

Fine comunicato.

giovedì 8 aprile 2010

Amore e batteri

L'esultanza dei figli quando alle 20.30 arrivo a tavola con un vassoio di pizza a pezzi fatta dalle sante manine di mamma raggiunge il prossismo. Applausi. Solo per questo varrebbe la pena di affamarli un po, a volte.'

Specie Orso che mentre fissavo il forno cercando di far cuocere la pizza con la potenza delle mie onde mentali, veniva a piangere dalla fame.

"Ho fame, cosa devo fare, mangiare il pavimento forse?"
Ovviamente no, voleva solo iniziare la cena dal dessert, cosa a cui posso solo commentare: on my dead body.

Enter madre con vassoio bollente in bilico e lui si alza sulla sedia afferrandomi la faccia e baciandomi ripetutamente sule labbra.

"Grazie, mamma, mpciu, grazie, mpciu".
"Aaaaaaargh! Mi sono ustionata la mano" urla la madre multitasking mentre tra un bacio e l'altro tenta di posare il vassoio sul tavolo.

Costernazione generale.

"Mamma, mi hai urlato nella bocca".
"Scusa amore, ti ho messo paure? È che mi sono scottata".
"Io no, ma tutti i miei batteri si".

Poveri batteri, che vita dura con una madre del genere.

(Che poi lui li chiama bactieriens vassapepecché e a me fa pensare agli aliens dei batteri).

Annuncio annuncio fuori programma: Ennio mi sta leggendo da dietro alla spalla, quindi da stasera questo blog ha un lettore in più. Benvenuto Ennio.

mercoledì 7 aprile 2010

Venerdì santo all'Aquila (Fahrenheit, le focaccine de Ju Boss e il torrone Nurzia)


La puntata di Fahrenheit all'Aquila per me è rappresentato da questa foto della redazione mobile con sullo sfondo le impalcature che tengono su i palazzi e proteggono il passaggio nel vicolo di sotto.

Avevo promesso di mettere le foto di Orfeo su come è poi andata all'Aquila venerdì scorso, per l'intervista. Ecco, a Piazza Duomo ci sono arrivata così, con gli occhi vuoti e la faccia più asimmetrica del solito.

Intanto comincio col dire che ho dormito con Vic e lo spinacino duenne, che cascava dal sonno ma non voleva proprio addormentarsi e piangeva spaventato, per cui ce lo siamo messe in mezzo nel divano letto, ogni volta che nel sonno perdeva la presa dal biberon si svegliava urlando. La presa l'ha persa spesso, ma dopo si riaddormentava, mentre io e Vic, nelle pause al buio, siamo almeno riuscite a scambiarci qualche considerazione di quelle che non abbiamo mai tempo di fare. Così ho perso il pullman per l'Aquila delle 10.30.

Ho perso il pullman? Si, diciamo che erano giorni che mi tormentava l'idea di rientrare a Piazza Duomo, e in pubblico per di più, quindi senza avere il tempo di girarmi intorno, fare mente locale, lasciare spazio ai ricordi, no, bum-paf e sei in mezzo a gente che è venuta per te e a cui devi qualche risposta coerente. Non a caso, e sempre involontariamente, ho perso il pullman. L'ho preso alle 13.10.

Tiburtina, Chieti Scalo, poi l'autostrada, ma io sto leggendo o finendo il berretto all'uncinetto per Orso, vedo un attimo la corrente del Tirino e le officine, poi l'allevamento di trote, poi Ofena in lontananza, poi Capestrano, poi mi accorgo che Ofena da più vicino me la sono persa, mi sono distratta dietro all'uncinetto che ho appreso ultimamente da youtube, che io per l'uncinetto mai stata una fan, siamo a Navelli, mi perdo per un pelo il bivio di Onna e siamo già a quello di Paganica, Bazzano, le casette, non più orrende di qualsiasi condominio, è vero, ma orrendo è quello che le sottintende, mi sono fatta il mio pezzo di Statale 17 guardandomi poco in giro, e quel poco con gratitudine, ma appunto, forse era la misura di quello che potevo e non l'ho voluta superare.

Alla stazione degli autobus devo resettarmi un momento: i bagni sono chiusi, la scala mobile non funziona (l'ascensore pare di si) e tutti i servizi sono inondati dal sole di questo pomeriggio, tutti fuori nei container. Cerco un autobus che mi porti in piazza, poi mi dico che è meglio darmi la distanza di un taxi, che mi lascia all'imbocco del corso, sopra la Villa. E adesso non scappo, devo farmela a piedi, con lo zaino stracolmo di bulbi da regalare.

E salgo. A destra Via dei Giardini, dove abitava la nonna di Vic e poi Caterina, la mia coinquilina di Via ed Arco Ricci. Di fronte il cinema con una locandina in bacheca. Sopra la gioielleria Armenia, aperta, e la pizzeria. In quella pizzeria io e Grazia ci prendevamo un calzone per cena quelle volte che rientravamo troppo stanche e tardi da lezione per pensare di metterci a cucinare o andare a mensa. Che lei stava preparando l'esame di igiene e mi diceva che i rossetti e la bruciacchiatura sulla pizza erano cancerogeni e io mandavo giu, machissenefrega. Hai diciannove anni e sei immortale.

La pizzeria all'angolo con via Celestino V, la mia camera del primo anno di università a pensione dal signor Mario Signora, cui giunsi raccomandata da Mario di Gregorio, quello della profumeria in Piazza Palazzo che aveva comprato a Tortoreto quella parte di casa di nonna in cui ho trascorso la mia infanzia delle elementari. che prima della fine dell'anno il signor Sigora morì e andammo al funerale in Santa Giusta. Un reticolato di puntelli di legno tengono separati i muri che formano il vicolo. Il palazzo tocca intravederlo tra i buchi, ma io vado avanti.

Il negozio della zia di Vic, e la pasticceria, chiusi. Un arco di puntelli sotto cui passare. Un occhio a sinistra verso piazza della prefettura, vedo solo la chiesa-teatro dove conobbi Giorgina la volta che venne a recitare qui e toccò stanarla in camerino, lei amica di infanzia di Vic. Della piece non ricordo nulla.

In cima a destra il Caffé Nurzia è aperto, tutti i vicoli sono transennati. E poi questo.


E dietro questo, e la scritta Riprendiamoci la città, la percepisco meglio dopo, in qualche modo mi rasserena, è quello che sono venuta a fare in fondo, no? A riprendermela.

Vado a bere alla fontanella di fronte alla Chiesa delle Anime sante prima di avvicinarmi al mucchio, trovare Maura e rasserenarmi. Orfeo ci stana e mi fotografa per salutarmi.

Più tardi ci faremo un giretto intorno alla piazza, entreremo in chiesa che mi sembra stranamente piccola, infatti hanno messo una tamponatura per separare la parte agibile da quella con la cupola sfondata che adesso è avvolta in un telo protettivo.

Accendiamo delle candele, una cosa che faccio sempre pensando a mio padre, mia nonna e tutti i vari Summa e Silvestrone che mi hanno preceduto, stavolta penso in particolare a zia Vittoria e zio Antonio, il mio pro-prozio letterato, quello che ha sempre saputo che avrei scritto e mi incoraggiava in questo senso, e si faceva passare le copie dei miei temi, e chissà se lui ci crederebbe a una cosa come Fahrenheit per parlare di libri.

Che come dice mio cugino Stefano, i portatori (in)sani del gene scrittorio in famiglia sono tutte donne. Le uniche che scrivano fiction, ai maschi lasciamo la letteratura scientifica. Caro, sta parlando di sua nonna ovviamente.

"Maura, ma noi non eravamo atee e materialiste, e accendiamo candele?". Mi spintona.


Poi abbiamo incontrato i sanbenedettesi pazzi, che la loro versione la leggete qui e siamo andati a berci un caffé al torrone Nurzia perché dovevo andare al bagno.

Nel frattempo ero anche incocciata in Anna, che adesso ha affittato per conto suo una casa, visto che pur avendo perso casa e bottega in centro, a due sputi e mezzo da piazza Duomo, fa parte della lista degli invisibili, quelli cioè, che non hanno diritto a nulla perché non stanno in nessuna lista, e che mi invita ad andare a stare da lei. La capisco, nulla che ti dia il senso di casa come avere ospiti, dopo aver vissuto per dei mesi nel container che si erano comprati da soli pur di restare vicino all'Aquila e capire cosa stava succedendo.

C'è chi mi dice che a un certo punto faceva fatica a seguire le sue cronache a distanza, la trovava inutilmente arrabbiata ed eccessivamente critica. Poi i fatti le hanno solo dato ragione, ma è una consolazione da niente. E dico la verità, anche se non ho potuto fare a meno delle sue cronache dal posto in questo anno, in certi periodi me le diluivo nel tempo, non ce la facevo in certi giorni a leggere che altro modo di violentare la città e i suoi abitanti avessero trovato.

E poi mi vedo con Marcello che mi aggiorna sulle ennesime perdite degli ultimi tempi, ma anche dei suoi progetti di teatro, e a lui posso dire che ho paura di quel palco, ma che chissenefrega, è solo come tutte le altre volte che stai per andare in scena, e tiri un respiro e ci vai.

E ci ritroviamo qui, il Marinus con la Saretta, quella della Vita in tenda ma che io conoscevo come Regina del Pop Corn. Quasi non ci parlo, non c'è modo, ma è caruccia, mi ricorda per certi versi me alla sua età, anche se dire una cosa del genere ti dà la misura di quanto sia lontana la mia età di allora all'Aquila.

Ci lasciamo andare a considerazioni sulle mutande da cambiarsi come topos letterario, cosa che Sinibaldi lascia correre con il suo aplomb meraviglioso, tanto ormai pippe mentali in diretta l'ho già detto ("Mi sono fatto troppe risate alla radio a immaginare il salto sulla sedia che deve aver fatto" mi dirà l'Artista Borderline, mentre don Stalin che ha sentito solo l'ultima parte dell'intervista a quella delle mutande si dirà, "ecco, questa è proprio lei" per poi scrivermi se mi ero almeno resa conto di trovarmi nel tempio della cultura con la CUL maiuscola? No, forse in quel momento mi era sfuggito.)

Comunque sul palco ci sto bene da subito, a fianco dell'insegnante che ha scritto la favola della volpe e parliamo degli infiniti modi con cui uno può mettere distanza tra il sé scrittore e quello di cui scrive, se lo ha vissuto: c'è chi lo fa con una favola, chi con storie inventate, chi con la cronaca, chi con la distanza fisica da superare. Magari abbiamo svicolato dal tema del dialetto a cui credo tenesse il conduttore, ma mi è sembrata una bella deriva.

E il fatto che almeno tre dei presenti il proprio libro hanno iniziato a pubblicarselo su un blog mi è sembrata un'altra occasione mancata per non parlare di Internet solo quando arriva la pubblicita del Viagra o quando il pedofilo di turno ci adesca i ragazzini, come fanno sempre i media italiani. Ma il tempo delle trasmissioni è quello, tutto non puoi dire.

In quei venti minuti sul palco il sole scompare e il tempo è radicalmente cambiato e adesso condivido tutto lo stupore della signora che sull'autobus mi aveva vista senza calze, meravigliandosene, che all'Aquila mica ci facciamo distrarre dal primo raggio di sole per scordarci che fa freddo ad aprile? La stessa signora che mi ha confessato di rifiutarsi di entrare in centro e per fortuna non ci è costretta.

Che fa la pendolare su e giù tra lavoro e camera temporanea sulla costa. Un anno in una camera d'albergo in due, quando va bene. E 150 km. al giorno all'andata e altrettanti al ritorno, se il lavoro te l'hanno spostato ad Avezzano.

Prima di dire che quelli che fischiano Berlusconi sono una minoranza, forse bisognerebbe vedere quanto è esausta la maggioranza sfollata a forza senza alternative. Esausta fisicamente, che è il miglior modo per farli stare zitti.

Poi dal palco mi cade l'occhio sulla bifora del caffé all'angolo, quello con il lounge in pelle al primo piano dove prima c'era il negozio di stoffe da cui vengono le mie tende, un tessuto tradizionale senza rovescio che adesso non fanno più, mi raccontava il signore del negozio di stoffe accanto quando mi ha raccontato che il collega aveva chiuso perché mancava di successori e quelli del caffé gli avevano fatto un'offerta che non si può rifiutare.

E lo capisco benissimo, che già il signore ultracinquantenne che mi aveva tagliato le stoffe, indicatomi dal proprietario come "il ragazzo", mi aveva dato la misura di come certe botteghe storiche, quando mancano di rinnovamento, possono solo far spazio ai bar fighetti.

Che poi anche il bar fighetto diventa parte del tuo passato, come la volta che con Vic dopo anni ci siamo riuscite a ritagliare un'oretta tutta per noi su quei divani di pelle bianca guardando la chiesa al di là della bifora mentre io allattavo Orso, quel caffé con la verandina di legno dalle tende bianche fuori dove ho preso un caffé al volo per rivedere Marcello dopo vent'anni, io contornata di figli che si facevano la doccia alla fontanella di fronte e di madre che tentava di tenerli fermi.

Ho guardato quella bifora dal palco e mi sono dovuta tirare giù gli occhiali da sole, che già le lenti a contatto le metto poco e gli occhiali da sole anche meno, ma stavolta me li sono portata dietro apposta sapendo che ci sarebbe stato un momento in cui mi sarebbero serviti tutti. Orfeo mi sfotterà dandomi della diva, che è un bel modo per relativizzare.

Perché lo ripeto, io forse ci sarei dovuta venire prima da sola per conto mio, ma non tutto si può nella vita.

Poi scendo e mi viene incontro un signore.
"Io sono di Villa" che sarebbe Villa Santa Lucia. Villa Santa Lucia degli Abruzzi, a voler essere precisi.
"E io sono la figlia di Ennio Summa".
"Lo so, mi ha insegnato", ed è vero che mio padre ha iniziato ad insegnare a ventanni proprio a Villa, insieme alla signora Battistini, ma questo signore mi sembra quasi un suo coetaneo che penso di aver capito male.

"Dipende, farà il capo, che età avevano i suoi alunni?"
Le medie, hai ragione capo, può tanto essere.

Poi mi si avvicina un'altra signora e mi dice che sua cugina è una mia enorme fan e chiedeva se poteva parlarmi al telefono (oddio, ciò i fan, è straniante questa cosa).

Al telefono mi risponde una donna in lacrime, che mi dice cosa ha significato per lei leggere Statale 17, che dopo il terremoto si era tutta demoralizzata ma io l'ho tirata su.

"Non preoccuparti" vorrei dirle (oggi do del tu a tutti perché tanto siamo all'Aquila e io riattivo certi meccanismi di mio padre) "nel frattempo l'ho capito l'effetto che fa questo libro alla gente" ma non lo dico perché sembrerebbe una cosa da stronze che se la tirano, però è vero che nel frattempo mi sono abituata a un certo tipo di reazioni.

Come direbbe lo slogan non ufficiale del libro, a voler riassumere le reazioni sentite finora:

Statale 17 è un libro morbido, tattile, taumaturgico. Compratelo, leggetelo, regalatelo.

Sinibaldi l'ha detto meglio, citando l'editrice Exorma che fa questi libri tanto eleganti, e io mi volto a guardare la faccia di Orfeo e Maura, e Maura sta tutto il tempo lì come la madre al primo saggio di danza della bambina, quella faccia lì. E sono contenta per loro, che sono soddisfazioni pure queste, visto che non è per i soldi che ti metti a fare il piccolo editore indipendente.

O a investire sul libro di una sconosciuta che sta in Olanda sulla base di 5 pagine, scritte bene quanto vuoi, ma cinque pagine non fanno un libro. Poi però insieme l'abbiamo fatto.

Poi riesco a farmi il giretto da sola che volevo. Poi abbiamo il culo gelato e decidiamo di andare a scaldarci alla cantina del Boss. Dove Maura mi spiega perché a suo avviso il libro fa quest'effetto alla gente:
"È che gli hai ricordato chi sono e da dove vengono".

Forse ha ragione, il fatto è che noi che viviamo fuori ce lo dobbiamo ricordare tutte le mattine chi siamo e da dove veniamo.

Dal Boss quando entriamo è ancora tranquillo ma tempo un vassoio di focaccine al prosciutto, e non è che si riempie. Di più.

I soliti avventori prevedibili, e poi ragazzini con e senza cane, madri con bambini piccoli. O è la processione del Cristo Morto che inizierà fra poco, o davvero è vitale e urgente ricreare luoghi di aggregazione in città per gli aquilani. Lo dice il sindaco Cialente sulla scalinata di san Bernardino e spero che riesca a rifarla presto.

Per il futuro del Boss non mi preoccupo: a proposito dei locali storici che passano la mano per mancanza di successori, questo qui invece è stato preso in mano dai figli, quello della foto pare si sia cambiato apposta il turno per ascoltare Fahrenheit e conosceva il libro. Vinaioli lettori, all'Aquila è normalissimo.

Decidiamo allora davvero di farla la rimpatriata informale da loro dopo la presentazione dell'8 maggio alla libreria Colacchi, spazi e ordinanze permettendo, visto che adesso devono chiudere alle 21 per ragioni di sicurezza.

Tanto i miei vecchi amici dell'università avevano già iniziato a dire che ne avrebbero approfittato per tornare a farsi un giro all'Aquila anche loro con questa scusa.

Perché una cosa posso dirla: io che temevo tanto questo rientro nel centro fantasma della città ho trovato confermato quello che mi raccontava Titti: comincia a farsi strada una gran voglia di rientrare, ricominciare, ricostruire alla faccia della burocrazia e di tutto quello che ha rallentato le cose finora. alla faccia di chi fotografa e scheda e denuncia quelli delle carriole. Che i bulbi li avevo portati per chiedere a Anna di piantarmeli da qualche parte, ma me ne sono dimenticata.

Nonostante le deportazioni forzate (ma come, le camere di albergo nei dintorni per tutta la Protezione civile c'erano in questi mesi, può essere che solo gli aquilani andavano messi in alberghi il più lontano possibile? E perché far venire volontari da fuori e impedire ai locali di rimboccarsi le maniche in proprio? Veramente, questa gestione delle emergenze in cui si parte dal presupposto che le vittime sono solo un impiccio da togliersi di torno al più presto possibile per mettere al lavoro chi, con tutte le migliori intenzioni del mondo, non conosce la zona, la gente e le loro esigenze come quelli che lì ci hanno sempre vissuto e a cui magari farebbe bene avere qualcosa di concreto da fare, certe volte fa più danni del disastro naturale.)

Riprendiamoci la città è uno slogan e una dichiarazione d'intenti che sposo in toto. Io nel mio piccolo un po' me la sono ripresa e di questo devo ringraziare Fahrenheit che mi ha invitata, perché altrimenti avrei continuato a rimuginarmi questo bolo fino a maggio, e non so se lo reggevo per tutto questo tempo. Perché onestamente, come me le faccio io le pippe mentali, nessuno.